Le parole giuridiche che hanno bussato alla mia tana sono: 1) animale d'affezione e 2) danno non patrimoniale. Lancio d'agenzia: il Tribunale di Milano, in persona del Dott. Damiano SPERA, Magistrato della Quinta Sezione Civile di grande cultura che sta imprimendo apporti di gran pregio alla tematica del risarcimento danni e papà riconosciuto delle nuove tabelle risarcitorie milanesi, interviene in modo 'umanocentrico' sulla questione del danno non patrimoniale per la perdita dell'animale di affezione, negando il riconoscimento alla proprietaria di Maya, un cane husky deceduto in conseguenza di un errato intervento chirurgico e di una cattiva gestione del momento post-operatorio. Stando a quanto si apprende dagli organi d'informazione e con riserva di visionare direttamente la motivazione che, sto scrivendo a braccio, ancora non ho, la richiesta era motivata «in ragione del coinvolgimento in termini affettivi che la relazione tra uomo e animale domestico comporta e del risultato di completamento e arricchimento della personalità dell'uomo, nonché in ragione dei sentimenti di privazione e di sofferenza psichica indotti dalla morte di Maya». Il giudice monocratico di Milano le ha, però, negato il risarcimento del pregiudizio rimarcando che la perdita dell'animale, quantunque fosse stata cagionata da un evidente ed inescusabile errore dei veterinari, non può essere equiparata ad una «lesione dei diritti inviolabili della persona». Il Tribunale ambrosiano ha accertato a carico dei veterinari «un approccio professionale imprudente» nel dimettere immediatamente la paziente a quattro zampe che avrebbe dovuto, invece, essere sottoposta ad ulteriori controlli; in particolare, l'husky durante l'intervento aveva avuto una potente emorragia, ma ciò nonostante non venne trattenuta in degenza per l'osservazione post-operatoria. Il giudice monocratico ha così condannato i medici veterinari a rifondere alla padrona della malcapitata Maya i due terzi delle spese processuali, liquidati in oltre seimila euro. Tratteremo più compiutamente la tematica, ben più complessa di quanto riferiscono i canali informativi generalisti e già oggetto, a titolo meramente esemplificativo, dell'istruttiva pronuncia della Corte di Cassazione n°4493/2009 - Presidente Dott. Mario Fantacchiotti, Relatrice la Dott.ssa Annamaria Ambrosio, con il prestigioso apporto del Dott. Giovanni Battista Petti nella composizione del Collegio della Terza Sezione Civile; v'è da ricordare che la sentenza n°4493/2009 si propose in parziale seppur raffinata dissonanza con le fondamentali sentenze gemelle delle Sezioni Unite del novembre 2008. In sostanza, con la pronuncia del 25 febbraio 2009 la Cassazione afferma che anche la perdita di un animale può essere causa di un danno morale nei giudizi secondo equità avanti al Giudice di Pace. Dal versante esistenziale, non basta affermare che anche prendersi cura di un animale costituisca attività realizzatrice della persona umana, ma occorrerà ALLEGARE e PROVARE che la perdita dell'animale d'affezione implichi un peggioramento dell'esistenza della vittima. All'interno della pronuncia a Sezioni Unite n°26972/2008 vi è un passo in cui, più o meno, si afferma che non è stato ammesso a risarcimento il pregiudizio sofferto per la perdita di un animale (un cavallo da corsa) incidendo la lesione su un rapporto, tra l'uomo e l'animale, privo, nell'attuale assetto dell'ordinamento, di copertura costituzionale. Va constatato che il danno non patrimoniale è disciplinato da una norma che è rimasta immutata per quasi sessant'anni, ma ha già ricevuto ben quattro interpretazioni differenti e labirintiche dalla Suprema Corte di legittimità. Stando alle Sezioni Unite di San Martino 2008 la morte dell'animale d'affezione non potrebbe MAI aprire la strada al riconoscimento del danno non patrimoniale. Per quel nulla che può importare, io non aderisco a tale granitico asserto che entra in stridente collisione con il dettato costituzionale che consente di esplicare attività realizzatrici dei più svariati interessi, purché non si atteggino in conflitto con i diritti altrui o con i canoni di liceità che permeano il nostro Ordinamento. Infine, mentre Massimo Gramellini, "da badante di quadrupedi" quale si onora di essere (caro Massimo, ma non sarà mica il contrario? Pensaci un po' sù!), già impreca "mondo cane" dal box che tiene su La Stampa, gli amanti degli animali potranno mandar via l'amaro in bocca rileggendo il magnifico intervento sul Portale del 2 marzo 2010 del Prof. Gennaro IASEVOLI, docente di psicologia giuridica nell'Università di Napoli - Parthenope, intitolato "Il gatto conteso. La protezione psicologico-giuridica degli animali d'affezione"; avrete modo di rilevare da tali sublimi espressioni che al punto 4) del preambolo viene adoperata anche una parola diventata tabù dopo le quattro sentenze gemelle di San Martino 2008: "un animale qualsiasi, la cui simbologia entri abitudinariamente nella sfera emozionale psichica di una persona in modo tale da determinare in essa, con la propria presenza, un senso di benessere ESISTENZIALE e, al contrario, di malessere psichico in caso di sottrazione o di mortificazione"; in alternativa, memori del lascito di Leonardo da Vinci «verrà il giorno che sarà giudicato delitto uccidere un animale come ora uccidere un uomo», gli animalisti potranno civilmente esprimersi lasciando le proprie considerazioni sul virtuale tazebao che trovate qui sotto. Oppure, infine, leggersi la news del 20 agosto 2010 sul nuovo obbligo imposto dal Codice della Strada riformato di chiamare un veterinario o una guardia zoofila nel caso di sinistro che coinvolga un animale.
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Civilista e penalista, dedito in particolare
alla materia della responsabilità civile
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