Meditavo sulla FORMULA GENERICA, esteriormente sciatta, ma praticamente incisiva, di richiedere la condanna dei convenuti al risarcimento di "tutti i danni", già risentiti dall'attore e che si renderanno esteriori in prosieguo, che abbiano derivazione dall'evento dedotto in giudizio e dalla condotta del responsabile. Questa formula può essere una valida àncora di salvezza al cospetto di una giurisprudenza che evolve e muta, mentre i nostri processi hanno lungaggini paradossali. Perciò per una volta Studio Cataldi non Vi offrirà l'ultimo grido dell'autorevole Cassazione o la creatività, talora debordante, della magistratura di merito: deliberatamente non menzionerò sentenze, riferendomi alla mia personale casistica. A mio avviso, ma sono apertissimo a confronti del pensiero con Voi, l'adozione di tale salvifica formula pone l'avvocato al riparo da addebiti futuri. Correlativamente, con certezza sorge per il giudice l'obbligo di individuare e liquidare i pregiudizi effettivamente sofferti dal danneggiato: sarà, quindi, possibile ...raschiare il barile in caso di esito positivo della controversia. A buon intenditor: sempre sulla scorta del materiale probatorio che si avrà avuto la cura di raccogliere con diligenza ed alacrità nel corso dell'istruttoria e fruendo al massimo della potenzialità espansive delle memorie ex Art. 183 c.p.c. (di cui in altra imminente evenienza si dovrà pur trattare). Attenzione, però, al rischio insito nell'allestimento delle memorie stesse (un'arma a doppio taglio) e nella stesura delle conclusioni finali da sottoporre al giudice. Se io, forte di una giurisprudenza che in quel frangente mi appaia stabile (ma cova sempre qualche lapillo sotto la cenere vulcanica: vista la news del 28 settembre 2010 sui conati di resurrezione dei danni morali?), all'atto della precisazione delle domande nelle fattezze dell'Art. 183 c.p.c. dovessi incautamente limitare il PETITUM solo ad alcune componenti di danno, allora il giudice a buon diritto potrebbe negare al mio patrocinato quelle voci che io avevo sì richiesto sinteticamente nel novero della formuletta-"tutti i danni", ma avevo poi ahimè ristretto proprio sulla scorta della successiva, magari dotta rettificazione. Esempio pratico: allestisco di fretta la citazione richiedendo tutti i danni con l'uso, dunque, della formula generica. Poi, mi faccio prendere la mano dalla foga di sfoggiare una certa cultura (errore da non commettere mai! Il processo è strategia, non sfoggio di talento), modifico la domanda ai sensi dell'Art. 183 c.p.c. certissimo che la giurisprudenza sarà sempre conforme alle sentenze gemelle delle Sezioni Unite di San Martino 2008, e zac! Sono inchiodato: se nasce sotto qualche cavolo geneticamente modificato una nuova componente di danno, frutto di chissà quale futura elaborazione, mi sarò precluso il diritto a conseguire quella voce risarcitoria, pur sopraggiunta nelle more e, quindi, giuridicamente riconosciuta. Tengo a rammentare che quando cominciai ad interessarmi alla materia risarcitoria il danno biologico in pratica non esisteva oppure veniva deriso. Le teorizzazioni sulla liquidazione dei pregiudizi alla salute gravitavano all'incirca attorno al seguente concetto di stirpe e di censo: il figlio del notabile, per male che gli fosse andata, avrebbe avuto il suo radioso futuro (oggi, in casi proprio irrecuperabili, cattedre a profusione all'università oppure ospitate continue in tv) ed il figliolo del poveretto avrebbe avuto dalla vita quel che si era cercato nascendo in quella spelonca. Manco la dottrina medico-legale è d'accordo in rapporto alla tipologia dei danni tabellati ed al metodo, che attualmente ancora privilegia il SOMA e la funzionalità fisica rispetto alla PSICHE ed alla funzionalità intellettiva: ho appreso tardivamente, solo qualche giorno fa, che in agosto un Amico, il caro Collega Angelo Gattafoni, sempre attivissimo e valente, colto, sempre sorridente, generoso, propositivo ed aperto verso il prossimo, in agosto è stato investito per strada mentre si andava a godere qualche ora di mare a Civitanova: d'istinto ho chiesto all'avvocato che mi dava la brutta notizia "ma come sta con la testa? Ricorda bene tutto o ha subito danni cerebrali?" Fortunatamente sotto tale versante, pur tra mille fratture il cui inventario i sanitari ancora debbono ultimare, la situazione è bene evoluta ed ora, con la rieducazione, comincerà come tutti i comuni cittadini, sulla propria pelle, il calvario della richiesta del risarcimento dei danni. Danni che il Collega ancora non può sapere con esattezza quali siano oggi e quali saranno in futuro. In conclusione, la richiesta dei danni nella loro omnicomprensività esprime la volontà di riferirsi ad ogni potenziale voce di danno. Ritengo che questo sopra annotato sia uno dei rari casi in cui nella nostra professione esser precisi, dilungandosi in prolisse elencazioni, non paga, anzi apporta solo guai. Addirittura, formulare richieste specifiche ma carenti di una data voce, poniamo il danno biologico, farebbe sì che l'eventuale domanda proposta in sede di impugnazione costituirebbe DOMANDA NUOVA, come tale inammissibile. Il sasso nello stagno è gettato e noi attendiamo la Vostra opinione prima che i cerchi concentrici non scompaiano alla vista; fruirete dell'apposito riquadro qui sotto che non si paga a parola come i telegrammi. Orsù, in tale materia Voi sentite di votare per il partito della sintesi o quello dell'elencazione analitica dei danni? O vi è una terza via, il terzo polo? Settembre 2010 è andato; anche se siete impegolati in mille problemi, Vi auguro una serena ottobrata.
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Civilista e penalista, dedito in particolare
alla materia della responsabilità civile
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