Con sentenza n. 20358 del 28/9/2010 la Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoratore, chiedendo l'accesso ai benefici previsti dal Fondo di solidarietà, rinuncia al preavviso ed alla relativa indennità sostitutiva, considerate come accettazione dell'anticipata risoluzione del rapporto; escludendo, di conseguenza, un successivo ripensamento nonché l'impugnazione del recesso. Il caso preso in esame dalla Suprema Corte è relativo ad alcuni dipendenti di un Istituto bancario che, licenziati nell'ambito di una procedura di riduzione del personale, dopo aver chiesto di accedere alle prestazioni del Fondo di solidarietà regolamentato dal D.M. 28 aprile 2000, n. 158 avevano presentato ricorso per la dichiarazione di nullità o illegittimità del licenziamento. In primo grado la domanda veniva rigettata, ritenendo che i ricorrenti, con la richiesta di accedere al fondo di solidarietà istituito, avessero prestato acquiescenza al licenziamento; la Corte di Appello, esclusa l'aquiescenza, ha ritenuto legittimo il licenziamento perché avvenuto in conformità alle disposizioni della L. n. 223 del 1991. I dipendenti hanno quindi adito la Corte di Cassazione, secondo la quale la decisione della Corte di merito che ha escluso l'acquiescenza al licenziamento non è conforme a diritto perché non ha considerato l'effetto legale che le norme riconnettono a tale accesso; cassando la sentenza impugnata con rigetto della domanda, la Cassazione sottolinea che "rinuncia al preavviso e alla indennità sostitutiva sono considerate dalla normativa in esame come accettazione della anticipata risoluzione del rapporto, il che evidentemente preclude un successivo ripensamento e la impugnazione del recesso. Del resto queste disposizioni si inseriscono nel quadro di una normativa che, proprio con la previsione dei suddetti benefici, mira ad eliminare per quanto possibile l'eventuale contenzioso derivante dai processi di ristrutturazione aziendale".
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