Con la sentenza n, 7588 depositata il 20 ottobre scorso, il Consiglio di Stato ha stabilito che gli impianti di telefonia mobile possono essere posizionati anche in posti diversi rispetto a quanto stabilito dal piano regolatore. Il principio di diritto è l'esito del ricorso proposto dal Comune di Veggiano avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da un'azienda. Con il provvedimento, il comune aveva negato l'autorizzazione all'installazione di una stazione radiobase di telefonia cellulare motivando il diniego sulla base del fatto che, in base ad una modificazione del piano regolatore, erano stati individuati siti precisi in cui installare le antenne per telefonia mobile. Il Tar Veneto accoglieva il ricorso della società, dichiarando l'illegittimità del diniego posto dal comune in quanto "la delibera consiliare - come si legge dalla sentenza - non esclude che le antenne di telefonia mobile possono trovare collocazione, oltre che nei siti individuati nella variante al P.r.g., anche in altre porzioni del territorio comunale, se ciò necessario ai fini della sua interna copertura per l'irradiazione del segnale". Ma il comune aveva proposto ricorso avverso la sentenza del Tar al Consiglio di Stato che ha infatti confermato quanto stabilito in precedenza in primo grado. La sesta sezione di Palazzo Spada ha spiegato che deve considerarsi illegittimo il divieto generalizzato di installazione degli impianti di telefonia mobile perché non previste dal piano regolatore infatti "la selezione - si legge dalla motivazione - di aree nel cui ambito localizzare gli impianti di telefonia mobile non assume carattere tassativo e non preclude - proprio in relazione alla peculiarità degli impianti di telefoni cellulare ed all'esigenza sul piano tecnico, per la bassa intensità del segnale irradiato, di una loro capillare ed organica distribuzione sul territorio - - la possibilità di installazione anche al di fuori dei siti a ciò appositamente individuati. La determinazione a regime di limiti di localizzazione degli impianti non può tradursi, inoltre, per il suo carattere generalizzato e il riferimento al dato oggettivo dell'esistenza di insediamenti abitativi, in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l'art. 4 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 riserva allo Stato attraverso l'individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità, da introdursi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'Ambiente di concerto con il Ministro della Salute".
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