La Legge 15 ottobre 2003 n. 289, recante modifiche all'art. 70 del T.U. di cui al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, in materia di indennità di maternità per le libere professioniste, ha stabilito che tale indennità deve essere parametrata in base al reddito professionale e non più in base a quello del professionista. "Tale legge, che sicuramente non può ritenersi interpretativa della precedente o comunque retroattiva, costituisce …la conferma della inesistenza in precedenza di un limite massimo dell'indennità di maternità delle professioniste". E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 22023 del 28 ottobre 2010, accogliendo il ricorso di una professionista che, avendo partorito una bambina nel settembre 2000, aveva chiesto, ai sensi del previgente art. 70 del DLgs. 151/2001, il pagamento di un'indennità di maternità calcolata sulla base del reddito complessivo anziché sul solo reddito professionale. I Giudici di legittimità hanno affermato che "Il legislatore dell'epoca (dal 1990 al 2003), evidentemente valutando che la percentuale di donne esercenti libere professioni fosse esigua rispetto all'universo dei soggetti tenuti al (modesto) contributo finalizzato all'indennità di maternità, ha ritenuto di espandere fino quasi (salvo infatti l'abbattimento del 20%) al massimo l'ampiezza possibile della tutela economica". La Suprema Corte ha infine evidenziato la chiarezza ed univocità della normativa previgente (applicabile al caso in esame), nella parte in cui faceva riferimento al reddito percepito e denunciato ai fini fiscali (intendendo non solo a quello strettamente professionale), senza fissare un limite all'ammontare del trattamento.
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