La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21965 del 27 ottobre 2010, ha affermato che il licenziamento di lavoratori disabili durante il periodo di prova, sebbene illegittimo, non comporta il diritto del dipendente all'assunzione, precisando che è "escluso, infatti, che l'illegittimità del recesso trovi sanzione nei rimedi ripristinatori previsti dall'art. 18 dello Statuto". Il caso preso in esame dalla Suprema Corte è relativo al ricorso di una lavoratrice contro la decisione della Corte d'Appello che riconosceva sì l'illegittimità del licenziamento (la ricorrente allegava di aver svolto correttamente le mansioni affidatele senza alcun richiamo; circostanza non contestata dalla controparte con la conseguenza che il recesso non trovava altra motivazione "se non la stessa invalidità"), ma ammettendo il mero risarcimento del danno e non la tutela reintegratoria come invece sostenuto dalla lavoratrice. La Corte precisa che, se da una parte non è configurabile un dovere per il datore di lavoro quello di motivare il licenziamento del lavoratore in prova, rientrando il fatto nell'area di "recedibilità acasuale", dall'altra il lavoratore potrà sempre dimostrare che l'atto di recesso sia stato determinato da motivi illeciti. Come si legge nella parte motivata della sentenza, però, "la possibilità, riconosciuta al lavoratore, di dar prova del positivo superamento dell'esperimento (o di altro motivo illecito)" non determina "alcuna ascrivibilità della fattispecie normativa in esame allo statuto generale dei licenzaimenti, anche per ciò che concerne le sanzioni applicabili, che sono quelle proprie della nullità degli atti negoziali contrari a norme di diritto (art. 1418 c.c.), e non quelle speciali dell'art. 18 dello Statuto". I Giudici di legittimità, rigettando il ricorso, affermano infine che "ove si accerti, come nel caso, il positivo superamento della prova, deve ritenersi che correttamente il giudice di merito provveda a quantificare il danno con riferimento alle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito ove il rapporto di lavoro avesse avuto regolare esecuzione, ricollegandosi lo scioglimento del rapporto ad un comportamento antigiuridico del datore di lavoro e deteminando tale comportamento un danno risarcibile qualificabile come pregiudizio da mancata assunzione".
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