Il legale è responsabile verso il cliente e risponde per negligenza se lascia decorrere i termini utili per la riassunzione della causa contro il licenziamento dopo la sospensione per pregiudizialità penale. E' quanto affermato dalla III Sezione Civile della Cassazione con sentenza n. 22274 del 2 novembre 2010; accogliendo il ricorso di una lavoratrice, la Corte ha riconosciuto la responsabilità professionale del difensore in relazione all'inerzia nella conduzione della causa di lavoro affidatagli. Nel caso di specie la lavoratrice ricorreva avverso la decisione della Corte di Appello che, ribaltando la sentenza del giudice di primo grado, riteneva non responsabile l'avvocato poiché, trattandosi di credito prescrivibile in dieci anni, la lavoratrice avrebbe potuto affidare la causa ad un diverso difensore una volta cessato il rapporto professionale e prima della maturazione del termine di prescrizione. La Suprema Corte, come costantemente ritenuto in precedenti pronunce, ha ribadito che "una volta osservato il termine previsto dall'art. 6 della legge n. 604 del 1966 con l'impugnazione stragiudiziale del licenziamento, la successiva azione giudiziale di annullamento del licenziamento illegittimo può essere proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 1442 cod. civ., senza che tale termine possa restare idoneamente interrotto dal compimento di una diversa attività". Su tali presupposti gli Ermellini ritengono non seguibile la tesi della Corte territoriale che riconosceva quale termine di prescrizione quello ordinario decennale; conseguentemente, sottolineando la necessità di valutare nuovamente gli elementi di responsabilità professionale dell'avvocato in merito alla colpevole inerzia nella conduzione della causa di lavoro, cassano la sentenza con rinvio.
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