Prosegue inarrestabile il diluvio di provvedimenti, emanati in special modo da piccoli Tribunali, che dimostra all'evidenza la vitalità e le potenzialità di una nuova generazione di Magistrati, colti ed attenti alle esigenze concrete delle parti litiganti e nell'erogazione del servizio-Giustizia; scalda il cuore che stia emergendo tale pattuglia ormai nutrita dopo un periodo di stasi generalizzata invero allarmante (ed anche mortificante per l'attività dei legali). Già il 28 ott '10 Studio Cataldi ha offerto la visione salvifica del Tribunale Civile di MACERATA - Giudice Dott. Giuseppe Barbato, decisione n.975 del 21 ott '10 consultabile in allegato, con cui viene superata l'eccezione afferente l'ammissibilità e la procedibilità del giudizio in relazione all'obiter dictum delle Sezioni Unite n.19246/'10 - Presidente Carbone, Estensore Salmè, PM Pivetti (concl. conf.). Anche il 1° nov '10 ci siamo occupati nuovamente del problema dando la parola ai Tribunali di TIVOLI e di MARSALA. Poi il 3 nov '10 è stata la volta del Tribunale di PAVIA. Insomma, che fare concretamente in caso di iscrizione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo
oltre il 'nuovo' termine individuato dalla famosa sentenza n.19246/'10 delle Sezioni Unite della Cassazione? Assai interessante la soluzione escogitata dalla Sezione Distaccata di CIVITANOVA Marche Alta, un'amena località posta in felice posizione di dominio sul mare tra un dedalo di viuzze, giunge un'illuminante decisione in forma di sentenza sulla questione dell'overruling. Lasciamo la parola all'Estensore della sentenza
del 22 ottobre 2010, Dott. Corrado ASCOLI, che curiosamente ha ereditato il ruolo civitanovese del suddetto Dott. Barbato, accentrato a Macerata: " ...neppure l'eccezione di improcedibilità può essere accolta. Si premette che essa non è soggetta a termini di decadenza potendo essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del processo. Va altresì precisato che è da rigettare la tesi secondo cui il dictum della sentenza citata sarebbe applicabile solo per il futuro, alla stregua delle norme di legge, atteso che è principio cardine del nostro ordinamento quello secondo cui l'attività giurisdizionale ha natura meramente interpretativa, con la conseguente ed ineliminabile efficacia retroattiva propria di ogni operazione ermeneutica. Operate tali fondamentali premesse, va tuttavia rilevato che l'interpretazione sposata dalla sentenza
delle Sezioni Unite sovverte un costante e pressoché unanime orientamento contrario, che si era consolidato nel tempo quale diritto vivente ed a cui la prassi forense si era conformata. Vi sono pertanto ampi margini per l'attivazione dell'istituto della RIMESSIONE IN TERMINI, atteso che il mutamento della giurisprudenza che intervenga su di un orientamento consolidato integra senza dubbio la causa non imputabile richiesta dall'art. 184 bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla presente controversia (cfr. Cassazione Civile, Sezione II, Ordinanza n. 15811 del 02.07.2010). Né è di ostacolo la collocazione di tale norma nella sezione del codice di rito dedicata alla trattazione: questo giudice infatti ritiene che la modifica intervenuta con la l. 69/ 2009 sul codice di procedura civile ed in particolare l'introduzione del secondo comma dell'art. 153 e la contestuale abrogazione dell'art. 184 bis c.p.c. non abbia soltanto un effetto innovativo, ma ridondi anche un'efficacia interpretativa sullo stesso art. 184 bis c.p.c., nel senso che occorre ritenere che il Legislatore con tale modifica abbia inteso disattendere l'impostazione della pregressa giurisprudenza maggioritaria secondo cui l'istituto della rimessione in termini poteva trovare applicazione solo con riferimento agli atti di istruzione e opinare al contrario che esso esprima una DIRETTIVA DI SISTEMA. Va sottolineato, infatti, che il ridetto istituto costituisce una delle declinazioni del principio fondamentale del GIUSTO PROCESSO e del diritto di difesa, come espressi dagli artt. 24 e 111 Cost., dall'art. 6 CEDU (ormai comunitarizzata) e dalla costante giurisprudenza della CGE. Si aggiunge che, proprio in virtù dei predetti principi, compendiati da quello di ragionevole durata che ne costituisce un corollario, non occorre ripetere tutta l'attività processuale successiva alla costituzione dell'opponente (atto per cui lo stesso VIENE RIMESSO IN TERMINI), stante l'assenza di qualsivoglia profilo in cui possa ravvisarsi la lesione del contraddittorio o del diritto di difesa dell'opposto". Prediligo tale soluzione della rimessione in termini ed apprezzo la padronanza della materia in alcuni snodi di collegamento della sentenza del Magistrato civitanovese. Ricordo ancora che, nel novero delle ultime e perspicue decisioni in ordine temporale, va sempre registrata, per completezza espositiva, anche l'originale impalcatura ermeneutica tracciata dal Dott. Luigi LEVITA, Magistrato ed Autore assai apprezzato, dedito anche alla didattica e prolifico, in servizio presso il Tribunale di SANT'ANGELO DEI LOMBARDI, che con pronuncia di data 20 ott '10 "ritiene che i primi orientamenti di merito (cfr. Tribunale Velletri, 18 ott '10; Tribunale Padova, 14 ott '10; Trib. Torino, 11 ott '10), nel valorizzare ciascuno in diversa misura ed intensità l'istituto della rimessione in termini ex art. 184-bis c.p.c., giungano nondimeno ad una dilatazione del medesimo oltre l'area della significanza sua propria, finendo per assegnare alla rimessione la natura di una vera e propria "sanatoria"; il che non appare ineccepibile in punto di corretta esegesi di questo istituto, pur sempre racchiuso nell'ambito delle norme concernenti l'istruzione della causa e non estensibile oltre i confini suoi propri, nemmeno mediante il richiamo ai canoni sovranazionali e costituzionali del "giusto processo". Ad ogni modo, conclude il Dott. LEVITA che "tali richiami, nondimeno, si dimostrano congruenti e di particolare decisività qualora conducano a ritenere che la parte - piuttosto che essere rimessa in termini, con regressione del giudizio e conseguente grave danno alla giurisdizione - debba essere considerata come aver agito CORRETTAMENTE, sulla scorta di un mero accertamento del giudice di merito, che verifica l'overruling e l'affidamento incolpevole del litigante (in termini, Trib. Varese, 8 ott '10)". Infine, come ho già avuto modo di esporre (magari sbaglio) la Cassazione con la nota ordinanza di giugno '10 applica la rimessione in termini in MANCANZA dell'ISTANZA DI PARTE "dato che, nella specie, la causa non imputabile è conosciuta dalla Corte di Cassazione"; senonché, tale ermeneutica è in contrasto con il tenore del Codice di Procedura Civile, che richiede espressamente l'istanza della parte incappata nel problema dell'inosservanza del termine. Dalla home page in alto a destra si può accedere direttamente alla rubrica "Diritti e Parole" ove le varie news in tema sono consultabili.
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