La tempestività della contestazione disciplinare non può essere impedita dalla pendenza di un procedimento penale a carico del lavoratore. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22900 dell'11 novembre 2010, in relazione ad una dipendente, licenziata per giusta causa per aver pagato la pensione a delegati fittizi di pensionati in realtà deceduti. La lavoratrice chiedeva al Tribunale la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatole ma i giudici di primo grado ritenevano il suo comportamento - in ordine al quale il giudice penale riteneva che la lavoratrice si fosse appropriata delle somme indebitamente versate - idoneo a giustificare il licenziamento disciplinare. Avverso tale decisione la dipendente proponeva appello eccependo la tardività della contestazione e del licenziamento e la Corte d'Appello, in riforma della sentenza di primo grado, annullava il licenziamento intimato ordinando alla società di reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro prima occupato. La Società datrice di lavoro ricorre in Cassazione ma la Suprema Corte, rigettando il ricorso, sottolinea che è la stessa società ad aver denunciato l'illecito penale della dipendente alla Procura della Repubblica, avendo quindi gli elementi sufficienti per la contestazione disciplinare che non poteva tardare né essere impedita dalla pendenza del procedimento penale. Invece l'addebito del 1992 veniva contestato nel 2001, ossia nove anni dopo, laddove gli accertamenti degli ispettori della società si erano conclusi nel 1994. La Corte, richiamando diverse pronunce sul tema, ha ribadito che, ove sussista un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l'esercizio del potere disciplinare, la tempestività della contestazione va valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto al lavoratore senza che possa assumere autonomo ed autosufficiente rilievo la denuncia dei fatti in sede penale. "Una volta contestati i fatti, la società poteva semmai riservarsi all'esito del procedimento penale di irrogare la sanzione, in ragione della giurisprudenza che ritiene che il carattere immediato dell'irrogazione va inteso in senso elastico allorché c'è un'indagine penale (riserva che nella specie non c'è stata)." I Giudici di legittimità ritengono quindi corretta la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto tardiva la contestazione dell'addebito disciplinare e conseguentemente illegittima la intimata sanzione del licenziamento.
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