Il Tar nega il risarcimento per danno da stress in favore dei dipendenti pubblici che trascorrono molte ore davanti al computer. Il principio di diritto è stato emesso dal Tar Lazio con la sentenza n. 35028 depositata lo scorso 2 dicembre. In particolare, i giudici di legittimità, nel rigettare il diritto al risarcimento del danno biologico subito, perché in assenza di prove effettive, hanno riconosciuto solo un'indennità ai dipendenti che passano davanti al monitor del pc più di 4 ore al giorno, sulla base dell'art. 5 del D.P.R. 146/1975: "il personale civile dello Stato, di ruolo e non di ruolo, che svolge attività con i personal computers per un orario di almeno 5/6 ore al giorno per almeno venti giorni al mese, con una media settimanale superiore alle 20 ore, ha diritto alla corresponsione dell'indennità meccanografica spettante ai sensi dell'art. 5 del D. P. R. 5 maggio 1975, n. 146". I giudici amministrativi hanno così rigettato la pretesa fatta valere con la proposizione del ricorso da parte di alcuni dipendenti pubblici, appartenenti alla polizia penitenziaria, sostenendo che "non può (…) essere accolta la pretesa al risarcimento del danno alla salute, derivante dallo stress di espletare la propria attività lavorativa tutti i giorni usando i pc per più di 4 ore al giorno, in posizioni posturali e di luminosità precarie, pure richiesto dai ricorrenti, a causa della carenza di dimostrazione del pregiudizio subito (Cassazione Civile, sezione lavoro, 20 maggio 2010, n. 12351) ed in assenza anche di un qualsiasi principio di prova, come da costante giurisprudenza civilistica in materia di danno biologico. (Cassazione, sezione III, 10 dicembre 2009, n. 25820). Inoltre, prendendo spunto dalla sentenza emessa il 31 luglio scorso (n. 29465/2010) avente ad oggetto il rigetto dell'analoga domanda proposta da altri dipendenti pubblici, (fondata sulla Circolare del Ministero del Tesoro in data 16 novembre 1989, n. 11 e sulla Circolare 22 febbraio 1991 del Ministero della Funzione Pubblica) hanno spiegato che tali "corpose" documentazioni, non appaiono "sufficienti a provare il danno che ciascun ricorrente possa avere tratto dalla adibizione a videoterminali e PC, dal momento che affronta la problematica in generale, laddove la prova del danno passa, secondo i principi civilistici in materia, per la dimostrazione anzitutto dell'evento causativo, del nesso di causa e dell'elemento soggettivo presente in chi tale danno avrebbe prodotto. Allo stato nessuno di questi elementi appare sufficientemente dimostrato, con conseguente reiezione della relativa domanda".
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