Il furto commesso da un faslo becchino all'interno di un cimitero è soggetto ad aggravante. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione occupandosi del caso di un 45enne che aveva commesso una serie di furti in un camposanto fingendo di essere un addetto alla cura delle tombe. Dopo la condanna da parte dei giudici di merito l'uomo si era difeso in Cassazione sostenendo che non poteva essergli applicata l'aggravante dato che "l'oggetto sottratto costituito da una borsetta era al di fuori della sfera di protezione della proprietaria che l'aveva lasciata incustodita sul tappetino dell'auto fuori dal cimitero". La corte ha respinto il ricorso ed ha affermato ch el'aggravante è stata correttamente applicata dato che "per non destare sospetti nei visitatori e per giustificare la sua presenza in un luogo da dove poteva agevolmente studiare i comportamenti dei visitatori e scegliere le vittime, l'imputato si era finto un addetto alla cura delle tombe intento a bagnare i fiori deposti sulle sepolture". Questa condotta, spiega la Corte, "configura una attivita' insidiosa e fraudolenta diretta a sorprendere e soverchiare la vittima" giacchè "simulando la cura dei fiori, l'imputato si pose nella posizione per osservare i movimenti dei visitatori senza essere sospettato". Una condotta che evidenzia "non solo il carettere fraudolento, ingannevole, ma dimostra il rilevante ruolo ai fini dell'abbassamento delle difese della vittima e del buon esito della condotta illecita".
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