Con la sentenza n. 767 depositata il 14 gennaio 2011, la Corte di Cassazione ha stabilito che è legittimo l'accertamento fiscale basato sui versamenti che "un amico di famiglia" fa sul conto corrente bancario di un contribuente. La sezione tributaria ha, infatti, ritenuto legittimo l'accertamento basato sui versamenti anche se poi il denaro veniva restituito a questo ipotetico "amico di famiglia". La Corte è arrivata alla decisione su ricorso proposto dal contribuente a cui era stato notificato un avviso di accertamento in seguito ad alcuni controlli della guardia di finanza: erano stati infatti riscontrati una serie di versamenti, tutti provenienti dalla stessa persona, un "amico di famiglia", come aveva spiegato il contribuente. Il contribuente aveva così impugnato l'avviso di accertamento e la commissione tributaria provinciale aveva accolto le ragioni del contribuente sulla base del fatto che le prove riscontrate dal fisco erano insufficienti. Contrariamente alla statuizione di primo grado, la commissione tributaria regionale aveva invece accolto il ricorso dell'amministrazione finanziaria. Investiti della questione, i giudici di legittimità, in più di venti pagine di motivazione, hanno rigettato il ricorso del contribuente, precisando che l'accertamento induttivo del reddito di impresa che si basa su versamenti che "un amico di famiglia" fa sul conto corrente bancario del contribuente, deve ritenersi legittimo, non assumendo nessun rilievo il fatto che in seguito il denaro gli venga restituito. Secondo i giudici è onere del contribuente (ex art.51 DPR 633/1972 per Iva e/o art.32 DPR 600/1973 per imposte sul reddito) dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione o perché egli ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni o perché non sono fiscalmente rilevanti in quanto non si riferiscono ad operazioni imponibili.
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