E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 1699 del 25 gennaio 2011
Il lavoratore è pienamente libero nel decidere come e dove utilizzare il periodo delle ferie ma detta libertà deve essere coniugata - alla stregua dei principi di correttezza e buona fede posti dagli articoli 1175 e 1375 c.c. che impongono alle parti di tenere comunque un comportamento che non pregiudichi la realizzazione delle rispettive posizioni di diritti ed obblighi - con l'esigenza che le scelte operate dal lavoratore non siano lesive dell'interesse del datore di lavoro a ricevere regolarmente la prestazione lavorativa dedotta in contratto. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 1699 del 25 gennaio 2011, ha rigettato il ricorso proposto da un lavoratore licenziato per giusta causa , dopo essersi recato per l'ennesima volta in Madagascar per un periodo di ferie contraendo nuovamente alcune malattie endemiche. Nello specifico i giudici di merito, nel rilevare la legittimità del recesso da parte datoriale, avevano evidenziato come la richiesta di fruizione di ferie motivata dall'esigenza di prestare cure alla madre malata non corrispondesse al vero (avendo il lavoratore utilizzato tali ferie per recarsi in Madagascar), e come scientemente il dipendente si fosse esposto ad un rischio che superava il livello di mera eventualità, stante la prevedibilità del rischio di malattia derivante dalle precedenti occasioni in cui si era recato nell'isola africana. La Suprema Corte, condividendo le motivazioni delle decisioni delle corti di merito, precisa che "la mancata prestazione lavorativa in conseguenza dello stato di malattia del dipendente in tanto trova tutela nelle disposizioni contrattuali e codicistiche in quanto non sia imputabile alla condotta volontaria del lavoratore medesimo". Nel caso di specie, sottolineano i giudici di legittimità, il lavoratore scientemente assume un rischio elettivo particolarmente elevato, che supera il livello della "mera eventualità" per raggiungere quello della "altissima probabilità", tenendo quindi un comportamento certamente non improntato alla "diligente correttezza" e non mantenendo una condotta prudente ed oculata per limitare al minimo i rischi ed il pregiudizio per il datore di lavoro.
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