La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5437 dell'8 marzo 2011, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno biologico per usura da stress psicofisico al lavoratore che effettua un numero rilevante e continuativo di ore di lavoro straordinario. Nel caso specifico la Suprema Corte ha accolto, con rinvio, il ricorso presentato da una società datrice di lavoro avverso la decisione con cui la Corte di appello aveva ritenuto che le mansioni e l'orario di lavoro di un ex dipendente fossero tali da determinare un danno biologico. I Giudici di legittimità, riconoscendo la motivazione della Corte d'Appello completa e puntuale in ordine al carattere fortemente usurante sul piano psico-fisico del lavoro svolto, hanno però ritenuto "apodittico" il criterio adottato per la quantificazione del danno. Infatti, si legge nella sentenza, "il danno biologico è, per espressa definizione legislativa, anche in ambito lavoristico (art. 13 del decreto legislativo 38/2000), 'la lesione dell'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di valutazione medico legale'. Vi è pertanto danno biologico quando la lesione della integrità psico-fisica sia 'suscettibile di valutazione medico legale'. Ma se così è, nel quantificarlo, il giudice non può limitarsi a richiamare il criterio dell'equità e ad individuare una somma in modo apodittico (…): deve giungere alla determinazione mediante una valutazione medico legale."
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