La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6625/2011, ha stabilito che "l'onere della prova, a carico del datore di lavoro, della impossibilità di ricollocare il lavoratore da licenziare in mansioni analoghe a quelle proprie della posizione lavorativa occupata, per quanto debba essere inteso con elasticità, tuttavia, in un contesto in cui agli altri dipendenti vengano offerte più valide alternative, non può essere considerato assolto con la prova di aver proposto al dipendente un'attività di natura non subordinata, ma autonoma, esterna all'azienda e priva di qualsiasi garanzia reale in termini di flusso di lavoro e di reddito, come quella di sub-agente". Questo il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte in merito al ricorso proposto da un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo determinato dalla chiusura di una succursale dell'azienda ed in considerazione del suo persistente rifiuto di accettare qualsiasi ipotesi di ricollocazione tra quelle prospettate dall'azienda. Il dipendente aveva impugnato il licenziamento affermando che, sebbene avesse dato la disponibilità a svolgere altre mansioni, l'unica alternativa al licenziamento, offertagli dall'azienda, era stata la trasformazione del suo rapporto da dipendente ad autonomo (sub-agente), mentre gli altri dipendenti avevano goduto di una diversa e più favorevole collocazione. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello avevano però rigettato la domanda del lavoratore ritenendo che il datore di lavoro avesse anche provato l'indisponibilità del lavoratore all'impiego in mansioni equivalenti. I Giudici di legittimità, accogliendo il ricorso proposto dal lavoratore, hanno affermato che la Corte d'Appello, nello sviluppo della sua decisione, ha ritenuto sufficiente la prova di aver proposto al lavoratore come alternativa al licenziamento un lavoro come sub-agente discostandosi così dal principio secondo cui "in relazione alla prova della impossibilità di ricollocazione all'interno dell'impresa con svolgimento di mansioni analoghe del lavoratore licenziato per soppressione della posizione lavorativa dallo stesso occupata, il relativo onere grava sul datore di lavoro (…), dovendo il giudice del merito valutare sul piano concreto la incompatibilità della professionalità del lavoratore licenziato con il nuovo assetto organizzativo aziendale".
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