La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 120, comma 2, e 130, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevedono la revoca della patente nei confronti delle persone condannate a pena detentiva non inferiore a tre anni, quando l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura. La Corte infatti ha ravvisato un'ipotesi di eccesso di delega, in considerazione del fatto che nell'ambito di una legge delega, quale era nel caso di specie la Legge di delega n. 190 del 1991, la "revisione" e il "riordino", in quanto possono comportare l'introduzione di innovazioni della preesistente disciplina, esigono la previsione di principi e di criteri direttivi, idonei a circoscrivere le scelte discrezionali del Governo. Ebbene, tale Legge 190/1991 prefigurava l'attività del legislatore delegato nei termini di un mero "riesame" della disciplina anteriore [art. 2, comma 1, lettera t), della legge n. 190], senza porre, sul punto, alcuna specifica direttiva tale da giustificare un intervento di carattere innovativo sulla stessa materia. La Consulta ha pertanto concluso che, indipendentemente dalle ragioni che hanno determinato la scelta del legislatore delegato, l'inclusione della condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni quale motivo di revoca della patente costituisce una innovazione sostanziale, avrebbe dovuto necessariamente essere sorretta da una direttiva del legislatore delegante (Corte Costituzionale: Sentenza 15 luglio 2003, n.239).
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