La Sanità ultimamente deve strizzare la cinghia, e non poco. Tra tagli ai fondi della Spending review prima e quelli più recenti del decreto di Stabilità, i prossimi anni per medici e pazienti si prospettano molto duri. Posti letto da ridurre, ticket da aumentare e acquisto di medicinali da ridimensionare.
Eppure proprio l'ultima voce sta facendo discutere e non poco, sia professionisti della sanita sia i politici, ma anche migliaia di pazienti ancora increduli. Si tratta della vicenda che vede per protagonisti due medicinali, Avastin e Lucentis, entrambi usati per curare chi soffre di maculopatia degenerativa, una malattia della retina che provoca cecità. Il motivo dello scontro è uno soltanto, la differenza di costo considerevole tra i due farmaci: Avastin costa circa 50 volte meno di Lucentis. E siccome il prezzo di una fiala di Avastin si aggira attorno ai 15 euro, i conti sono presto fatti: Lucentis costa circa 700-750 euro (e si tratta di un prezzo ribassato già del 30% rispetto ai 1.044 euro precedenti). La cura richiede in media sei iniezioni all'anno.
La logica dell'austerity (ma anche del vecchio sale in zucca) imporrebbe Avastin su Lucentis, nessun dubbio a tal proposito. Peccato però che in Italia, anche se in zona austerity, il sale in zucca viene sciolto in un bicchier d'acqua per lasciare spazio a interessi, le cui ragioni a noi poveri comuni mortali paiono totalmente ignote e incomprensibili.
In questo caso però le ragioni si materializzano magicamente ed hanno il nome di due colossi della farmaceutica, Roche (Avastin) e Novartis (Lucentis). Pare proprio che la Roche non voglia calpestare i piedi all'altra, anche perché il suo farmaco in realtà non è mai stato registrato ufficialmente per questa patologia. La Roche lo immise sul mercato nel 2005 per curare il tumore al colon, delle sperimentazioni successive lo portarono ad essere utilizzato con successo anche per le maculopatie. Un uso che in gergo medico si definisce off-labels. Nel 2007 la Novartis invece presentò il suo Lucentis, creato appositamente per la cura di maculopatie ed uso oftalmico.
Ben presto dunque iniziò la battaglia tra i due, senza che la Roche però mai cercasse di imporre il suo farmaco; la battaglia è stata combattuta più che altro a livello di funzionari Asl, che a discrezione prediligevano l'uno o l'altro principio attivo. Molte regioni hanno preferito la linea della morigeratezza usando, con risultati positivi, l'Avastin e facendo risparmiare un bel gruzzolo allo Stato. Novartis però, dopo essere stata a guardare per un po', è passata al contrattacco e messo in campo anche il Tar, puntando sugli effetti collaterali di Avastin e la sua non specificità. Giudizi supportati largamente dall'Aifa, la sola in tutta Europa ad averlo considerato pericoloso.
Novartis ha fatto ricorso contro la regione Veneto e l'Emilia Romagna, dove appunto si era data corsia preferenziale al farmaco meno caro. Il Tar ha già dato ragione a Novartis nel caso della Regione Veneto, che non si rassegna e porterà la questione davanti al Consiglio di Stato; mentre l'Emilia Romagna, anch'essa obbligata ad adottare il Lucentis, ha già chiamato in causa la Corte Costituzionale, che tra qualche mese dovrebbe esprimersi a tal proposito.
La cosa che veramente lascia perplessi è che sinora i due farmaci siano sempre stati considerati assolutamente equivalenti, tanto che negli Stati Uniti l'Avastin è usato nel 70% dei casi. Forse proprio per questo Novartis ci tiene a mantenere il monopolio almeno da noi, rinomati spendaccioni con i soldi altrui. Soprattutto dopo il patatrac dei vaccini influenzali infetti, verrebbe anche da aggiungere.
E pensare che da noi in un triennio si potrebbero risparmiare quasi 190 milioni, da destinarsi magari al sostegno di gravi disabilità o per mantenere in vita piccoli poli ospedalieri destinati a sparire.
È veramente il caso di dirlo: quanto la Sanità vorrebbe ma non può. Peccato.barbaralgsordi@gmail.it