Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali risponde all'istanza di interpello n. 43 del 21 dicembre 2012, avanzata dall'ANCI con cui si chiedono precisazioni in ordine alla corretta interpretazione dell'art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151/2001, concernente il congedo del coniuge convivente per l'assistenza al soggetto portatore di handicap, nella parte in cui contempla le ipotesi di "mancanza, decesso, o (…) presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente", quali causali che legittimano la richiesta di fruizione del congedo da parte di soggetti diversi dal coniuge stesso.
L'interpellante, nello specifico, pone la questione relativa alla possibilità di considerare l'età avanzata del coniuge convivente - superiore agli 80 anni - quale fattispecie presuntiva di uno stato invalidante, ovvero se, anche in quest'ultima circostanza, sia comunque necessaria una certificazione medica attestante l'eventuale stato patologico.
Il Dicastero, per quanto attiene all'esatta interpretazione della suddetta disposizione, nella parte in cui si riferisce alle patologie invalidanti, richiama quanto già chiarito dalle circolari della Funzione Pubblica n. 13/2010 e 1/2012 e dalla circolare INPS n. 28/2012 dalle quali si evince che, per quanto concerne la nozione di patologie invalidanti, in presenza delle quali risulta possibile accordare il congedo, occorre attenersi alla casistica indicata dall'art. 2, comma 1, lett. d), del decreto interministeriale n. 278/2000.
"Si può, pertanto, affermare che la legge consente l'ampliamento della platea dei familiari legittimati a fruire del congedo di cui all'art. 42, comma 5, solo in presenza di una delle situazioni individuate dal medesimo decreto, comprovate da idonea documentazione medica. Ciò in quanto si ritiene che i soggetti affetti da tali patologie non siano in grado di prestare un'adeguata assistenza alla persona in condizioni di handicap grave."
Il diritto a fruire dei congedi in questione - si legge nella risposta del Ministero - può essere goduto da un soggetto diverso dal precedente "titolare" solo in ragione delle ipotesi tassativamente indicate dal Legislatore, fra le quali rientra quella legata alla presenza di "patologie invalidanti".
In tal senso, pertanto, l'età avanzata del titolare del diritto non costituisce un requisito sufficiente per legittimare il godimento del congedo da parte di altri soggetti titolati.
Inoltre laddove il Legislatore ha inteso individuare il requisito anagrafico quale elemento utile al riconoscimento del diritto alla fruizione di permessi per assistere disabili, lo ha fatto espressamente; in tal senso il Ministero richiama l'art. 33 della L. n.104/1992 - da ultimo modificato dall'art. 24, L. n. 183/2010 - che assegna il diritto a fruire dei 3 giorni di permesso mensile in primo luogo al "lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado", per individuare solo in un secondo momento il terzo grado di parentela qualora, tra l'altro, "i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età (…)".
Vedi il Testo unico sulla maternità e sulla paternità (D.Lgs. 151/2001)
Vai al testo in PDF dell'interpello 43/2012
L'interpellante, nello specifico, pone la questione relativa alla possibilità di considerare l'età avanzata del coniuge convivente - superiore agli 80 anni - quale fattispecie presuntiva di uno stato invalidante, ovvero se, anche in quest'ultima circostanza, sia comunque necessaria una certificazione medica attestante l'eventuale stato patologico.
Il Dicastero, per quanto attiene all'esatta interpretazione della suddetta disposizione, nella parte in cui si riferisce alle patologie invalidanti, richiama quanto già chiarito dalle circolari della Funzione Pubblica n. 13/2010 e 1/2012 e dalla circolare INPS n. 28/2012 dalle quali si evince che, per quanto concerne la nozione di patologie invalidanti, in presenza delle quali risulta possibile accordare il congedo, occorre attenersi alla casistica indicata dall'art. 2, comma 1, lett. d), del decreto interministeriale n. 278/2000.
"Si può, pertanto, affermare che la legge consente l'ampliamento della platea dei familiari legittimati a fruire del congedo di cui all'art. 42, comma 5, solo in presenza di una delle situazioni individuate dal medesimo decreto, comprovate da idonea documentazione medica. Ciò in quanto si ritiene che i soggetti affetti da tali patologie non siano in grado di prestare un'adeguata assistenza alla persona in condizioni di handicap grave."
Il diritto a fruire dei congedi in questione - si legge nella risposta del Ministero - può essere goduto da un soggetto diverso dal precedente "titolare" solo in ragione delle ipotesi tassativamente indicate dal Legislatore, fra le quali rientra quella legata alla presenza di "patologie invalidanti".
In tal senso, pertanto, l'età avanzata del titolare del diritto non costituisce un requisito sufficiente per legittimare il godimento del congedo da parte di altri soggetti titolati.
Inoltre laddove il Legislatore ha inteso individuare il requisito anagrafico quale elemento utile al riconoscimento del diritto alla fruizione di permessi per assistere disabili, lo ha fatto espressamente; in tal senso il Ministero richiama l'art. 33 della L. n.104/1992 - da ultimo modificato dall'art. 24, L. n. 183/2010 - che assegna il diritto a fruire dei 3 giorni di permesso mensile in primo luogo al "lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado", per individuare solo in un secondo momento il terzo grado di parentela qualora, tra l'altro, "i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età (…)".
Vedi il Testo unico sulla maternità e sulla paternità (D.Lgs. 151/2001)
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