Lex & the City - pensieri leggeri politicamente (s)corretti - episodio 17 (sappiate che odio questo numero)
Colgo l'occasione, grazie ad una sentenza della Cassazione (la 23707 del 20 Dicembre 2012) per fare una riflessione sul delicato tema del testamento biologico, ovvero sulle "direttive anticipate di trattamento sanitario".
Nella citata sentenza è stata messa in discussione la validità legale e giuridica della scelta 'anticipata' del proprio amministratore di sostegno, cioè la persona che dovrà farsi carico delle scelte a livello amministrativo, gestionale e personale nell'attuarsi di un evento che possa rendere incapaci di intendere e di volere. Un alter ego che sia insomma in grado di pensare e prendere decisioni al proprio posto.
Nel caso di specie la Corte ha respinto la richiesta di una donna che voleva nominare anticipatamente un amministratore di sostegno, a cui voleva assegnare il compito di garantire il rispetto di un testamento biologico che aveva predisposto.
Un ruolo decisamente triste il più delle volte, la cui scelta è legata alla decisione di un giudice.
Secondo la Corte, l'intervento giudiziario "non può che essere contestuale al manifestarsi dell'esigenza di protezione del soggetto, dunque della situazione d'incapacità o infermità da cui quell'esigenza origina, che, secondo il contesto normativo di riferimento, rappresenta presupposto dello stesso istituto".
Insomma la Corte ha respinto la richiesta della donna che avrebbe voluto investire di tale ruolo una persona di fiducia.
Libertà dunque di esprimersi nei confronti di eventuali accanimenti terapeutici, ma non invece sulla preferenza o meno di un (eventuale) futuro tutore.
Indubbiamente va detto che i giudici della Cassazione abbiano voluto seguire ciò che la legge impone. Ciò non toglie che ogni legge potrebbe essere rivista e modificata.
Più volte in passato (vedi tag: Testamento biologico) ci siamo occupati della questione, ospitando anche contributi che hanno espresso idee diametralmente opposte, ed abbiamo anche spiegato come l'attuale assetto normativo consenta al medico di dare valenza le dichiarazioni anticipate di trattamento.
È anche vero che sono stati presentati diversi disegni di legge per disciplinare il testamento biologico. Tra questi un (DDL votato alla camera nel 2011).
La questione più controversa resta però quella della possibilità di rifiutare trattamenti di idratazione e nutrizione artificiale. L'art. 3 comma 5 del menzionato disegno di legge prevede testualmente quanto segue: "Anche nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, l'alimentazione e l'idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento".
Una norma che si porrebbe in contrasto peraltro con quanto attualmente prevede l'articolo 38 del Codice di Deontologia Medica sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e dall'articolo Art. 53 dello stesso codice sul rifiuto consapevole di nutrirsi.
Indubbiamente legiferare in una materia di vita altrui, cui peraltro l'opinione pubblica risulta divisa, non è cosa facile, sia per i limiti spesso legati alla nostra cultura religiosa sia per quelli di componente puramente umana. Errare infatti humanum est.
E tornando alla nostra sentenza, non è da escludere che chi noi segnaliamo quale nostro futuro tutore possa anch'egli andar fuori di zucca. Giusto quindi che la legge stessa ci protegga da tale evenienza; ma se invece la persona da noi prescelta per affinità di pensiero e convinzioni, non solo dunque emotive, si mantenesse integra intellettualmente e fisicamente, perché non poterla avere come nostro amministratore personale in caso di disgrazia? Perché rischiare di finire in mano a chi la pensa diversamente da me?
Non è forse amore e protezione ciò che tutti noi vorremmo in caso di grave malattia? Ecco allora che sarebbe auspicabile un'apertura verso tale possibilità, soprattutto alla luce delle tempistiche talvolta inadatte per trovare la persona da nominare amministratore di sostegno. Sessanta giorni sessanta. In certi casi troppi. Nel caso della giustizia pochissimi si obietterà.
E allora vorrei lasciare la parola ai lettori sia sulla fattibilità, o meno, che il legislatore possa a breve riconoscere la possibilità di nominare in anticipo un amministratore di sostegno, sia sulla possibilità di consentire la predisposizione di un testamento biologico che consenta di rifiutare non solo le cure ma anche l'idratazione e la nutrizione artificiali.
Un campo delicato, lo so. Ma voi cosa pensate?
Utilizzate il box dei commenti qui sotto per esprimere le vostre idee.
Vai al testo della sentenza 23707/2012
barbaralgsordi@gmail.it
Colgo l'occasione, grazie ad una sentenza della Cassazione (la 23707 del 20 Dicembre 2012) per fare una riflessione sul delicato tema del testamento biologico, ovvero sulle "direttive anticipate di trattamento sanitario".
Nella citata sentenza è stata messa in discussione la validità legale e giuridica della scelta 'anticipata' del proprio amministratore di sostegno, cioè la persona che dovrà farsi carico delle scelte a livello amministrativo, gestionale e personale nell'attuarsi di un evento che possa rendere incapaci di intendere e di volere. Un alter ego che sia insomma in grado di pensare e prendere decisioni al proprio posto.
Nel caso di specie la Corte ha respinto la richiesta di una donna che voleva nominare anticipatamente un amministratore di sostegno, a cui voleva assegnare il compito di garantire il rispetto di un testamento biologico che aveva predisposto.
Un ruolo decisamente triste il più delle volte, la cui scelta è legata alla decisione di un giudice.
Secondo la Corte, l'intervento giudiziario "non può che essere contestuale al manifestarsi dell'esigenza di protezione del soggetto, dunque della situazione d'incapacità o infermità da cui quell'esigenza origina, che, secondo il contesto normativo di riferimento, rappresenta presupposto dello stesso istituto".
Insomma la Corte ha respinto la richiesta della donna che avrebbe voluto investire di tale ruolo una persona di fiducia.
Libertà dunque di esprimersi nei confronti di eventuali accanimenti terapeutici, ma non invece sulla preferenza o meno di un (eventuale) futuro tutore.
Indubbiamente va detto che i giudici della Cassazione abbiano voluto seguire ciò che la legge impone. Ciò non toglie che ogni legge potrebbe essere rivista e modificata.
Più volte in passato (vedi tag: Testamento biologico) ci siamo occupati della questione, ospitando anche contributi che hanno espresso idee diametralmente opposte, ed abbiamo anche spiegato come l'attuale assetto normativo consenta al medico di dare valenza le dichiarazioni anticipate di trattamento.
È anche vero che sono stati presentati diversi disegni di legge per disciplinare il testamento biologico. Tra questi un (DDL votato alla camera nel 2011).
La questione più controversa resta però quella della possibilità di rifiutare trattamenti di idratazione e nutrizione artificiale. L'art. 3 comma 5 del menzionato disegno di legge prevede testualmente quanto segue: "Anche nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, l'alimentazione e l'idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento".
Una norma che si porrebbe in contrasto peraltro con quanto attualmente prevede l'articolo 38 del Codice di Deontologia Medica sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e dall'articolo Art. 53 dello stesso codice sul rifiuto consapevole di nutrirsi.
Indubbiamente legiferare in una materia di vita altrui, cui peraltro l'opinione pubblica risulta divisa, non è cosa facile, sia per i limiti spesso legati alla nostra cultura religiosa sia per quelli di componente puramente umana. Errare infatti humanum est.
E tornando alla nostra sentenza, non è da escludere che chi noi segnaliamo quale nostro futuro tutore possa anch'egli andar fuori di zucca. Giusto quindi che la legge stessa ci protegga da tale evenienza; ma se invece la persona da noi prescelta per affinità di pensiero e convinzioni, non solo dunque emotive, si mantenesse integra intellettualmente e fisicamente, perché non poterla avere come nostro amministratore personale in caso di disgrazia? Perché rischiare di finire in mano a chi la pensa diversamente da me?
Non è forse amore e protezione ciò che tutti noi vorremmo in caso di grave malattia? Ecco allora che sarebbe auspicabile un'apertura verso tale possibilità, soprattutto alla luce delle tempistiche talvolta inadatte per trovare la persona da nominare amministratore di sostegno. Sessanta giorni sessanta. In certi casi troppi. Nel caso della giustizia pochissimi si obietterà.
E allora vorrei lasciare la parola ai lettori sia sulla fattibilità, o meno, che il legislatore possa a breve riconoscere la possibilità di nominare in anticipo un amministratore di sostegno, sia sulla possibilità di consentire la predisposizione di un testamento biologico che consenta di rifiutare non solo le cure ma anche l'idratazione e la nutrizione artificiali.
Un campo delicato, lo so. Ma voi cosa pensate?
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barbaralgsordi@gmail.it
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