In un mondo sempre più globalizzato, dove a crescere in modo particolarmente sostenuto sono quei paesi le economie sono in via di sviluppo, il bisogno di creare uno sistema internazionale di trasporti efficiente e ben regolamentato, soprattutto dal punto di vista del diritto internazionale, ad oggi non ha prodotto risultati particolarmente concreti. Al di là della frammentazione del diritto interno di ogni paese, che complica in modo non indifferente l'organizzazione e il trattamento dal punto di vista giuridico di questi contratti, si aggiunge anche una notevole vetustà della convenzioni internazionali.
In effetti, queste convenzioni internazionali risalgono in alcuni casi agli anni venti del Novecento e, se è vero che queste ultime con il passare del tempo sono state integrate con successivi protocolli, uno dei problemi più evidenti osservando il quadro giuridico della materia, è che emerge in modo inconfutabile una produzione normativa settoriale. Che cosa si intende con questa osservazione? Semplicemente, che il trasporto via mare, ferrovia o strada dispone di determinate regole sancite attraverso le convenzioni, tuttavia, quando si ottiene la somma di tutti questi sistemi - ottenendo la multi modalità - ci si rende conto del vuoto legislativo a livello globale.
Non sono pochi, poi, gli ordinamenti nazionali che a loro volta difettano di una produzione normativa atta a regolamentare la multi modalità, come nel caso dell'Italia, dove il codice non menziona in modo specifico questa materia, costringendo di conseguenza gli operatori a far riferimento in modo costante a contratti specifici, come ad esempio quello dei trasporti di rispedizione o di tipo cumulativo. Queste difficoltà, d'altro canto, sono state acuite ulteriormente dal fallimento della Convenzione di Ginevra del 1980, le cui intenzioni erano proprio quelle di intervenire nel settore del trasporto multimodale.
La predetta convenzione, infatti, non aveva ottenuto a suo tempo il quorum necessario per far sì che potesse entrare in vigore, andando a confermare il rifiuto - da parte di paesi contraddistinti dalla presenza di importanti strutture marittime, in particolar modo di armatori - dei principi già presenti nella Convenzione di Amburgo. Al di là dell'incremento dei valori del debito dei vettori marittimi, oltre all'innovativa introduzione di un concetto di indennizzo per il ritardo, ciò che ha maggiormente minato l'introduzione di questa convenzione, è il tentativo di attribuire una responsabilità generale al vettore - e non solo per quanto riguarda i risarcimenti. Un altro tentativo di porre rimedio a questo vuoto legislativo è stato promosso dalla camera di commercio internazionale, con il sostegno delle Nazioni Unite, con l'UNCTAD, la United Nations Conference on Trade and Development, che portava con sé ben tredici disposizioni relative al trasporto multimodale. Nonostante tutto, però, queste regole sono rimaste tali e, per quanto la loro diffusione sia stata facilitata grazie al coinvolgimento della camera di commercio nell'elaborazione delle stesse, va detto che comunque non sono mai riuscite a diventare una vera convenzione, con l'effetto che l'applicazione delle stesse avviene maggiormente negli ordinamenti di tipo common law. Per gli imprenditori interessati a fare business in Spagna è disponibile una comparativa fiscale con pratico esempio al seguente link:COMPARATIVA FISCALE ITALIA - SPAGNA
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Indirizzo: Calle General Urrutia, 75 - 7A - 46013 Valencia (Spagna)
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In effetti, queste convenzioni internazionali risalgono in alcuni casi agli anni venti del Novecento e, se è vero che queste ultime con il passare del tempo sono state integrate con successivi protocolli, uno dei problemi più evidenti osservando il quadro giuridico della materia, è che emerge in modo inconfutabile una produzione normativa settoriale. Che cosa si intende con questa osservazione? Semplicemente, che il trasporto via mare, ferrovia o strada dispone di determinate regole sancite attraverso le convenzioni, tuttavia, quando si ottiene la somma di tutti questi sistemi - ottenendo la multi modalità - ci si rende conto del vuoto legislativo a livello globale.
Non sono pochi, poi, gli ordinamenti nazionali che a loro volta difettano di una produzione normativa atta a regolamentare la multi modalità, come nel caso dell'Italia, dove il codice non menziona in modo specifico questa materia, costringendo di conseguenza gli operatori a far riferimento in modo costante a contratti specifici, come ad esempio quello dei trasporti di rispedizione o di tipo cumulativo. Queste difficoltà, d'altro canto, sono state acuite ulteriormente dal fallimento della Convenzione di Ginevra del 1980, le cui intenzioni erano proprio quelle di intervenire nel settore del trasporto multimodale.
La predetta convenzione, infatti, non aveva ottenuto a suo tempo il quorum necessario per far sì che potesse entrare in vigore, andando a confermare il rifiuto - da parte di paesi contraddistinti dalla presenza di importanti strutture marittime, in particolar modo di armatori - dei principi già presenti nella Convenzione di Amburgo. Al di là dell'incremento dei valori del debito dei vettori marittimi, oltre all'innovativa introduzione di un concetto di indennizzo per il ritardo, ciò che ha maggiormente minato l'introduzione di questa convenzione, è il tentativo di attribuire una responsabilità generale al vettore - e non solo per quanto riguarda i risarcimenti. Un altro tentativo di porre rimedio a questo vuoto legislativo è stato promosso dalla camera di commercio internazionale, con il sostegno delle Nazioni Unite, con l'UNCTAD, la United Nations Conference on Trade and Development, che portava con sé ben tredici disposizioni relative al trasporto multimodale. Nonostante tutto, però, queste regole sono rimaste tali e, per quanto la loro diffusione sia stata facilitata grazie al coinvolgimento della camera di commercio nell'elaborazione delle stesse, va detto che comunque non sono mai riuscite a diventare una vera convenzione, con l'effetto che l'applicazione delle stesse avviene maggiormente negli ordinamenti di tipo common law. Per gli imprenditori interessati a fare business in Spagna è disponibile una comparativa fiscale con pratico esempio al seguente link:COMPARATIVA FISCALE ITALIA - SPAGNA
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