di Viola P. - La sparatoria di ieri non si può certo annoverare come un gesto frutto di una precisa strategia della tensione ordita da qualche sovversivo, ma nemmeno come un gesto isolato di un pazzo.

Già, perchè il cinquantenne calabrese Luigi Preiti non è certo uno squilibrato, come si era voluto supporre, ma l'emblema di un popolo esasperato, un uomo che è stato ridotto alla fame e che ha voluto sfogare tutta la sua rabbia verso la classe dirigente accusata (a torto o a ragione) di non aver saputo dare risposte alle esigenze minime dei cittadini.
Rimasto senza lavoro e separato, è caduto nella dipendenza dal videopoker e poi, tornato dai genitori, è caduto in depressione. Una vicenda che accomuna molti Italiani che stanno facendo le spese di una crisi economica di cui non possono ritenersi responsabili. C'è chi ha reagito togliendosi la vita. Questa volta il gesto è stato diverso, ancora più estremo: il tentativo di "colpire" il palazzo del Potere, ritenuto il simbolo dell'incapacità della politica di governare.

E tutto è avvenuto in un momento particolarmente significativo: proprio mentre il nuovo governo di larghe intese si apprestava a giurare. E' in quel momento che i colpi di arma da fuoco hanno colpito carabinieri e passanti, anche loro vittime innocenti di una situazione diventata "esplosiva".
Al momento (a detta dell'attentatore) non c'erano politici e come sempre a "pagare" sono state persone che non erano il reale obiettivo dell'attentatore.

L'uomo di Rosarno ha voluto sfogare la propria disperazione nel probabile tentativo di fare ascoltare la sua voce, una voce forse per troppo tempo rimasta inascoltata.

Un gesto di violenza da condannare, certo. Ma la condanna del gesto non deve distogliere l'attenzione dalla necessaria analisi di ciò che è diventato l'"umore" di massa. Sono proprio le ragioni che hanno motivato il gesto a imporre una riflessione.

Quello che è accaduto a Roma è strettamente connesso al momento che l'Italia nel suo complesso, ed in maniera maggiore i " cittadini ", stanno vivendo.
Cittadini, imprese, commercianti, donne, famiglie, operai, esodati, disoccupati, giovani, studenti... tutti chiedono ad alta voce che il mondo politico prenda rapidi provvedimenti per creare lavoro, sviluppo, crescita; per rendere "possibile" sostenere il costo della vita; per ridurre una tassazione che sta uccidendo la piccola economia. C'è un Italia che chiede e continua a chiedere l'abolizione dei privilegi, una maggiore attenzione ai cittadini piuttosto che alle Banche, una efficace lotta agli sprechi di denaro pubblico, alla corruzione, ai rimborsi elettorali gonfiati per fare cassa.
Il drammatico gesto di Preiti indirettamente sembra voler ricordare al mondo politico che bisogna operare presto.
Se il governo non si darà da fare c'è il rischio che l'Italia, e soprattutto che gli Italiani, precipitino davvero nell'abisso.
Viola P.


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