Con relazione del 3 novembre 2010 la Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa, "aveva denunciato fatti causativi di un consistente pregiudizio erariale, di importo pari a € 600.000,00 corrispondente alle somme liquidate dallo stesso Ministero in favore degli eredi dell'aviere scelto E. L., deceduto a causa di un colpo di arma da fuoco accidentalmente esploso da un commilitone il giorno 6 luglio 2001, presso l'aeroporto militare di Elmas (gli eredi avevano presentato istanza risarcitoria e citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari l'Amministrazione; si era poi giunti alla definizione bonaria della controversia, con la stipulazione di un atto di transazione, in data 29 luglio 2010, rep. n. 719 con la quale, a tacitazione di ogni pretesa, l'Amministrazione si obbligava a corrispondere la somma di € 600.000,00)".
Il giorno 6 luglio 2001, alle ore 19,50 circa, l'aviere scelto VAM F. C., in servizio di pronto intervento, era uscito dal Corpo di Guardia, per farvi rientro, dopo pochi minuti, in compagnia di altri avieri alcuni a quell'ora liberi dal servizio. I tre, più altri in servizio, si erano recati nella sala briefing e avevano scattato, poiché prossimi al congedo, alcune fotografie ricordo con i fucili in dotazione.
Terminate le pose (in totale cinque) gli avieri P., M. e M. avevano disinserito i caricatori. Non così il C. che aveva invece scarrellato (inserito il colpo in canna), ed esploso un colpo in direzione del L., il quale nel frattempo si stava rialzando, colpendolo mortalmente alla spalla sinistra.
Nei confronti di F. C. con sentenza n. 425 del 31 maggio 2002, il Tribunale Ordinario di Cagliari aveva disposto l'applicazione, con sospensione condizionale, della pena di un anno di semidetenzione (sempre ai sensi dell'art. 444 c.p.p.),essendosi accertato che dalla condotta del C. aviere scelto addetto a un servizio armato, consistita nella violazione delle consegne su di lui incombenti (..l'inserimento del caricatore e l'esplosione del colpo del fucile) era derivata quale conseguenza non voluta la morte del L.
Il Procuratore regionale, ha ravvisato nella fattispecie, tutti gli elementi costitutivi della responsabilità (condotta, evento dannoso, nesso di causalità ed elemento soggettivo).
Sarebbe, infatti, pacificamente dimostrato che la morte dell'aviere scelto E. . D. sia avvenuta in conseguenza del colpo partito dall'arma impugnata dal C., con il caricatore inserito, nel corso di un ingiustificabile ed inammissibile gioco con le armi.
L'aver puntato un'arma contro il commilitone connoterebbe la condotta colposa del militare in termini di elevatissima gravità, evidenziando una palese violazione delle disposizioni in materia di impiego e custodia delle armi (integrante gli estremi del reato di violata consegna), oltre che l'inosservanza delle più elementari regole di prudenza che imporrebbero un uso particolarmente cauto e accorto delle dotazioni militari, stante la loro intrinseca pericolosità.
Ha, quindi richiesto la condanna del C. poiché il fatto causativo del pregiudizio erariale patito dal Ministero della Difesa, sarebbe stato commesso in violazione dei doveri di servizio, e nell'espletamento del servizio.
La difesa del signor F. C. ritenendo che, nella vicenda, vi sia stata una responsabilità propria dell'Amministrazione, per aver omesso di adottare le misure e le cautele necessarie al fine di impedire il tragico evento, ha richiesto, in via pregiudiziale, che venga estesa la domanda di risarcimento e disposta la chiamata in causa di tutti i soggetti aventi responsabilità in ordine alla sorveglianza sul Corpo di Guardia della base militare di Elmas e sul personale addetto al servizio di guardia all'epoca dei fatti, e del personale dell'Amministrazione responsabile: per la mancata adozione di norme che vietassero l'accesso al Corpo di Guardia della base per il personale non addetto al servizio di guardia; per la mancata adozione di norme che vietassero ai militari di scattare fotografie con le armi in dotazione; per la mancata introduzione delle corrette consegne disciplinanti l'uso delle armi per i militari addetti al pronto intervento; per l'introduzione delle norme che imponevano a tali soggetti di essere costantemente armati;
La causa è stata discussa all'udienza del 13 marzo 2013.
1. In via pregiudiziale la Corte respinge le richieste di integrazione del contraddittorio avanzate dalla difesa del convenuto, in quanto, "avuto riguardo alla posizione dei soggetti che si vorrebbe fossero evocati in giudizio, nella specie non ricorre alcuna delle ipotesi di litisconsorzio necessario, né sostanziale né processuale (vengono citate a questo proposito I Sezione Centrale, sentenza n. 283 del 2-07-2008 e III Sezione Centrale, sentenza n. 171 del 6-05-2009)".
Viene esclusa anche la possibilità di un ordine di intervento ai sensi dell'art. 47 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, nella considerazione che, la posizione del convenuto non è affatto influenzata dalla partecipazione al giudizio di terzi di cui si affermi l'esclusiva o concorrente responsabilità.
Infatti, in base all'articolo n. 1, comma 1-quater della legge 14 gennaio 1994 n 20, il giudice potrà provvedere alla ripartizione del danno tra coloro che saranno eventualmente ritenuti responsabili, tenendo conto del possibile coinvolgimento nella produzione dell'evento dannoso anche di altri soggetti, pur se non direttamente evocati in giudizio, a tal fine provvedendo alla eventuale riduzione dell'addebito in favore del convenuto, nei limiti delle quote corrispondenti all'effettiva rilevanza causale della loro condotta singolarmente considerata, lasciando al Pubblico ministero di valutare se promuovere o meno altro giudizio per la pretesa non soddisfatta.
2. Quanto al merito della causa, si impone, a parere del Collegio, una duplice valutazione della vicenda, improntata, da un lato, alle responsabilità nel cagionare l'evento morte (in cui il danno indiretto, patito dall'Amministrazione, trova il punto d'origine) e, dall'altro, alla disamina del contesto ambientale in cui tale evento si è verificato, al fine di valutare, sotto lo specifico aspetto della responsabilità erariale e della determinazione del danno risarcibile, il quantum da addebitare al convenuto.
Riguardo al primo aspetto "deve essere sottolineato, che non sono emersi, né dalle indagini penali, né dalle dichiarazioni rese nel corso del processo civile, elementi che possano portare ad individuare responsabilità correlate dei superiori gerarchici del convenuto, aventi incidenza immediata e diretta (e quindi concausali), nel cagionare il decesso del L."
Secondo i Giudici Contabili che si rifanno ai principi costantemente affermati dalla Corte di Cassazione in tema di causalità materiale (per tutte, Cass. 16 febbraio 2001, n. 2335 e, da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 2011),deve escludersi qualsiasi frazionamento della responsabilità fra le persone presenti in quella tragica giornata presso il corpo di guardia. Come anche confermato dalla sentenza penale, la morte del L. consegue ad un tragico gioco,in cui i partecipanti, tra cui il C., violando le consegne avute, hanno inserito i caricatori nelle armi in dotazione e che, in tale contesto, sia stato solo il C. a tirare il carrello di armamento e ad esplodere il colpo che ha ferito mortalmente il L.
Per quanto riguarda INVECE la misura della incidenza della condotta del CASULA sull'obbligazione risarcitoria "vengono in rilievo altri fattori, alcuni propri dell'ordinamento contabile, seppure assimilabili, con i dovuti distinguo, alla fattispecie civilistica del concorso di colpa del creditore, ex art. 1227 c.c. (applicabile anche alla responsabilità aquiliana in virtù del rinvio operato dall'art. 2056 c.c.).
"Per determinare la risarcibilità del danno occorre, dunque, una valutazione discrezionale ed equitativa del giudice contabile, il quale, sulla base di tutte le circostanze del caso, stabilisce quanta parte del danno subito dall'Amministrazione debba essere addossato al convenuto, e debba pertanto essere considerato risarcibile (Corte Costituzionale n. 183/2007)".
In tale differente contesto assumono rilievo le manchevolezze, imputabili all'Amministrazione militare, rilevate dalla difesa del convenuto, collegabili ai doveri di diligenza e di vigilanza in presenza di esercizio di attività pericolose, come può essere definito, in via generale, l'adempimento del servizio di leva ed… "appare fin troppo ovvio sottolineare che il clima generale di mancato controllo e la tolleranza di determinate prassi abbiano creato un contesto nel quale comportamenti sventati possono determinare un danno".
"Non può, tuttavia ritenersi sussistente, un obbligo giuridico, in capo a tali soggetti, di impedire l'evento, né vi è la prova di un evidente nesso causale, sia in termini di causalità materiale che giuridica, tra l'omissione e l'evento stesso, non essendo sufficiente a tal fine la constatazione, sul solo piano materiale-fenomenico, che un diverso comportamento lo avrebbe evitato".
"Nel caso in esame, quindi, vanno tenuti in debito conto alcuni elementi che, pur non potendo costituire esimente di colpevolezza del convenuto neanche in questa sede, inducono la Sezione a fare ampio uso del potere di riduzione dell'addebito".
"A tal fine rileva, in primo luogo la considerazione che la forza militare è uno degli strumenti dei quali la P.A. si avvale per la propria organizzazione, traendone benefici ai quali è ragionevole far corrispondere i rischi, secondo l'antica regola per cui ubi commoda et eius incommoda e che, nella vicenda, appare innegabile la mancata adozione, in capo all'Amministrazione considerata nel suo complesso, di opportune cautele atte ad impedire eventi tragici, pur sempre insiti o probabili nell'esercizio di attività pericolose (elemento più sopra qualificato come violazione dei doveri di diligenza e vigilanza)".
"Non paiono esserci dubbi sul fatto che il clima generale, di scarsa attenzione o di mancata regolazione dell'attività dei militari non in servizio o addirittura in permesso (come il L.), cui veniva consentito l'ingresso a locali "sensibili" e la commistione con il personale chiamato a ricoprire il servizio di guardia, abbia in qualche modo "allentato" il livello di attenzione dei soggetti coinvolti nella vicenda, facendo percepire come "normali" comportamenti ed attività (quali quelli di fare foto con le armi in dotazione) che avrebbero meritato ben altra disciplina, così influenzando l'improvvida iniziativa del convenuto, in violazione delle disposizioni ricevute, evidentemente nell'errato convincimento di non subire ripercussioni, data l'ampia tolleranza osservata in precedenza dall'Amministrazione militare".
"In secondo luogo devono essere tenute nel debito conto: a) la giovane età del CASULA al momento dei fatti; b) il fatto che fosse militare di leva, tenuto all'adempimento di un obbligo non professionale; c) la circostanza che l'evento luttuoso ha tratto origine da un ingiustificabile ed inammissibile gioco con le armi, cui hanno fattivamente partecipato altri soggetti, ivi compreso lo stesso Lutzu, poi deceduto".
Tutti tali aspetti, inducono il Collegio a disporre la condanna del convenuto al pagamento, in favore dell'Amministrazione danneggiata, di un importo corrispondente al 20% del danno contestato, compresa la rivalutazione monetaria.