di Teresa Fiortini - Il dipendente che si rifiuta di consegnare le chiavi di accesso al sistema informatico, nonostante i reiterati solleciti del superiore, lede, irreversibilmente, il rapporto fiduciario con il proprio datore di lavoro così da giustificarne il licenziamento.
La Suprema Corte, con l'Ordinanza n. 12450 del 21 maggio 2013, ha precisato che il lavoratore era «ispirato da finalità ostruzionistiche e dalla volontà di mantenere una sorta di esclusività del proprio ruolo di operatore abilitato alle procedure..»; inoltre, rifiutandosi di eseguire l'ordine, questi aveva incrinato «irreversibilmente il vincolo fiduciario col datore di lavoro, così da integrare gli estremi della giusta causa di recesso».
Più in generale, il licenziamento per giusta causa è legittimo se la condotta commessa dal dipendente risulti essere obiettivamente e soggettivamente idonea a ledere gli interessi aziendali, così da far venir meno la fiducia che il datore di lavoro ripone nel dipendente e sia tale da esigere una sanzione non minore di quella espulsiva. Con la recente sentenza, in sostanza, è stato ribadito che all'art. 2105 c.c., la cui violazione può rilevare come giusta causa di licenziamento, deve essere attribuita un'estensione particolarmente ampia che impone al lavoratore di astenersi da qualsiasi comportamento che possa ledere il vincolo fiduciario tra il datore di lavoro ed il lavoratore stesso.
Teresa Fiortini
La Suprema Corte, con l'Ordinanza n. 12450 del 21 maggio 2013, ha precisato che il lavoratore era «ispirato da finalità ostruzionistiche e dalla volontà di mantenere una sorta di esclusività del proprio ruolo di operatore abilitato alle procedure..»; inoltre, rifiutandosi di eseguire l'ordine, questi aveva incrinato «irreversibilmente il vincolo fiduciario col datore di lavoro, così da integrare gli estremi della giusta causa di recesso».
Più in generale, il licenziamento per giusta causa è legittimo se la condotta commessa dal dipendente risulti essere obiettivamente e soggettivamente idonea a ledere gli interessi aziendali, così da far venir meno la fiducia che il datore di lavoro ripone nel dipendente e sia tale da esigere una sanzione non minore di quella espulsiva. Con la recente sentenza, in sostanza, è stato ribadito che all'art. 2105 c.c., la cui violazione può rilevare come giusta causa di licenziamento, deve essere attribuita un'estensione particolarmente ampia che impone al lavoratore di astenersi da qualsiasi comportamento che possa ledere il vincolo fiduciario tra il datore di lavoro ed il lavoratore stesso.
Teresa Fiortini
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