Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una sentenza del 2 luglio scorso [2]. In questo caso, la violenza subita dal proprietario del garage risiede nella privazione della libertà di azione e di determinazione: il proprio agire è infatti condizionato dalla condotta scorretta dell'automobilista che ha arbitrariamente ostruito l'accesso al box auto.
Non è la prima volta che la Suprema Corte esprime un simile orientamento: già nel 2006 [3] aveva condannato per lo stesso reato un automobilista che aveva parcheggiato il veicolo ostruendo l'ingresso del garage condominiale, rifiutandosi peraltro di rimuovere il mezzo nonostante le sollecitazioni dei condomini.
Nel 2011, invece, la Cassazione aveva condannato un condomino, per violenza privata, per aver parcheggiato in modo tale da impedire ad un altro inquilino dello stabile di uscire di casa col proprio veicolo, di fatto posto "sotto sequestro" [4].
La Suprema Corte, in base a un orientamento consolidatosi nel tempo, ha dato risalto all'effetto pratico della condotta del reo: impedire per lungo tempo alla vittima di esercitare la libertà di agire (che si tratti di allontanarsi in macchina da casa propria o di parcheggiare nel box auto), in tal modo influendo sulle scelte e le decisioni di quest'ultima.
Temistocle Marasco
[1] Art. 610 cod. pen.
[2] Cass. sent. n. 28487 del 2.07.2013.
[3] Cass. sent. n. 21779/06. [4] Cass. sent. n. 7592 del 28.01.2011.