PENSIERI DIETRO GLI OCCHIALI DA SOLE (pensieri semiseri sotto il solleone). STAGIONE 2.
Con un ritardo "leggero" di ben due anni, eccomi qui comodamente seduta sul divano, in una calda estate cittadina, a gustarmi il bel film pluripremiato "The Help". Forse non sono la sola a non averlo ancora visto, quindi invito i lettori a seguire il consiglio di farlo. Ma solo e soltanto se sono contrari al razzismo.
È la storia infatti di una comunità americana nel Missisipi degli Anni '50, corrosa dal perbenismo borghese e bigotto, ma soprattutto razzista. Dove i "colored" dovevano stare alla larga dai bianchi, se non per servirli e crescere i loro figli. Invitati ad usare servizi igienici diversi da quelli usati dai bianchi "perché portatori di malattie diverse". Questa storia mi ha fatto riflettere su alcuni punti che sono tuttora, a distanza di sei decenni, troppo vivi e troppo vegeti. Legati alla diffidenza che abbiamo nei confronti della diversità. Senza trasbordare in filosofeggiamenti universali, mi limiterò a concentrarmi sulla diversità di razze. Ispirata anche da una recente sentenza della Cassazione, la 15676 del 21/06/2013, che ha "concesso" ai genitori immigrati clandestinamente di non essere separati dai propri figli adolescenti, cresciuti e ben integrati nella nostra terra. Gli ermellini hanno tenuto conto della sfera affettiva, non solo di quella meramente economica, come avevano fatto i giudici d'Appello. Una situazione assurda e paradossale, non tener conto immediatamente che anche gli stranieri, o meglio gli extracomunitari (neri, brutti e cattivi naturalmente), non possano essere capaci di soffrire per distacco genitoriale, quasi che la Pars sia un'esclusiva di noi europei o occidentali in generale.
Mi domando allora se non sia assurdo che bambini nati nel nostro Paese non possano diventare cittadini italiani. Dare della extracomunitaria al ministro Kynge che sta cercando di far valere il diritto di ius soli è un atto di barbarie, di inciviltà. Quando si riuscirà ad abbattere le frontiere che abbiamo innalzato mentalmente e fisicamente per barricarci nel nostro territorio? E con quale arroganza poi pretendere tolleranza e rispetto in paesi stranieri? Perché non riusciamo a considerare uguali a noi persone di razze diverse dalla nostra? Cosa può avere di diverso un africano o un cinese da noi? La cultura, la religione certamente; ma anatomicamente e fisiologicamente parlando, nulla. Nemmeno la loro anima è diversa, solo le esperienze possono averci portato alla diversità. Ma tutti siamo fatti di carne e sangue, respiriamo, viviamo e moriamo. Perché allora non possiamo avere gli stessi diritti?
Forse da un mondo globalizzato mi aspettavo qualcosa di più. Forse sono troppo idealista.
barbaralgsordi@gmail.it
Con un ritardo "leggero" di ben due anni, eccomi qui comodamente seduta sul divano, in una calda estate cittadina, a gustarmi il bel film pluripremiato "The Help". Forse non sono la sola a non averlo ancora visto, quindi invito i lettori a seguire il consiglio di farlo. Ma solo e soltanto se sono contrari al razzismo.
È la storia infatti di una comunità americana nel Missisipi degli Anni '50, corrosa dal perbenismo borghese e bigotto, ma soprattutto razzista. Dove i "colored" dovevano stare alla larga dai bianchi, se non per servirli e crescere i loro figli. Invitati ad usare servizi igienici diversi da quelli usati dai bianchi "perché portatori di malattie diverse". Questa storia mi ha fatto riflettere su alcuni punti che sono tuttora, a distanza di sei decenni, troppo vivi e troppo vegeti. Legati alla diffidenza che abbiamo nei confronti della diversità. Senza trasbordare in filosofeggiamenti universali, mi limiterò a concentrarmi sulla diversità di razze. Ispirata anche da una recente sentenza della Cassazione, la 15676 del 21/06/2013, che ha "concesso" ai genitori immigrati clandestinamente di non essere separati dai propri figli adolescenti, cresciuti e ben integrati nella nostra terra. Gli ermellini hanno tenuto conto della sfera affettiva, non solo di quella meramente economica, come avevano fatto i giudici d'Appello. Una situazione assurda e paradossale, non tener conto immediatamente che anche gli stranieri, o meglio gli extracomunitari (neri, brutti e cattivi naturalmente), non possano essere capaci di soffrire per distacco genitoriale, quasi che la Pars sia un'esclusiva di noi europei o occidentali in generale.
Mi domando allora se non sia assurdo che bambini nati nel nostro Paese non possano diventare cittadini italiani. Dare della extracomunitaria al ministro Kynge che sta cercando di far valere il diritto di ius soli è un atto di barbarie, di inciviltà. Quando si riuscirà ad abbattere le frontiere che abbiamo innalzato mentalmente e fisicamente per barricarci nel nostro territorio? E con quale arroganza poi pretendere tolleranza e rispetto in paesi stranieri? Perché non riusciamo a considerare uguali a noi persone di razze diverse dalla nostra? Cosa può avere di diverso un africano o un cinese da noi? La cultura, la religione certamente; ma anatomicamente e fisiologicamente parlando, nulla. Nemmeno la loro anima è diversa, solo le esperienze possono averci portato alla diversità. Ma tutti siamo fatti di carne e sangue, respiriamo, viviamo e moriamo. Perché allora non possiamo avere gli stessi diritti?
Forse da un mondo globalizzato mi aspettavo qualcosa di più. Forse sono troppo idealista.
barbaralgsordi@gmail.it
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