La Corte di Cassazione ha depositato ieri le motivazioni della sentenza che conferma la condanna di Silvio Berlusconi a 4 anni di reclusione. A differenza di quanto solitamente accade, questa volta sonostati tutti i giudici del collegio a firmate la sentenza e non solo il giudice estensore. La Cassazione parla di un sistema fraudolento posto in essere già prima del 1995 e continuato fino al 1998 indicando nel dettaglio tutte le prove non solo testimoniali ma anche documentali che hanno condotto all'accertamento della responsabilità penale dell'imputato. Secondo la ricostruzione dei fatti emersa dall'istruttoria, Berlusconi avrebbe creato un sistema di frode fiscale basato sull'utilizzo di società off-shore. Si è trattato, secondo la Cassazione, di un meccanismo "che a distanza di anni continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende a lui facenti capo in vario modo".
Per quanto riguarda le fonti documentali, la Corte spiega che la sentenza impugnata "richiama innanzitutto - definendola "la fonte scritta che meglio descrive il percorso, fittizio, dei diritti" - una email inviata il 12.12.1994 da Douglas Schwalbe (un contabile della 20th Century Fox) a Mark Kaner (presidente della distribuzione Internazionale della medesima Fox). La Corte d'appello ricorda, sulla scia della sentenza di primo grado, che in questa email Schwalbe riferisce quanto appreso da Alessandro Pugnetti, ossia della messa in opera di un cd. shell game (gioco del gusci di noce), sistema con il quale le società facenti capo a Berlusconi gonfiavano i prezzi per costituire fondi all'estero ed evadere il fisco. Circa la valutazione di questa email, il ricorso Berlusconi (motivo n. 26 da pag. 144 e motivo n. 28 a pag. 170) eccepisce, tra l'altro, come si è già esposto in precedenza, soprattutto che: - la mali si riferiva ad un periodo precedente rispetto a quello di cui al capo di imputazione e rilevante nel presente processo; - che la stessa mail non era altro che "un evidente tentativo di dare delle spiegazioni, del tutto sconnesse dalla realtà, per procrastinare dei pagamenti" (nella mail si parla di un debito di 1 milione di dollari, scaduto da 90 giorni); - che vari elementi del racconto non trovano corrispondenza nella realtà dell'epoca; - che la lettura che ne è stata dalla Corte d'appello è stata smentita non solo da entrambi gli interlocutori stranieri, ma altresì da Pugnetti; - che quest'ultimo aveva anche riferito che Bernasconi lo aveva autorizzato a fare una comunicazione per fronteggiare le pressanti richieste di Schwalbe, ma che, sulla base delle acquisite dichiarazioni di Bernasconi, questa tesi era "del tutto inverosimile". Sennonché, rileva il Collegio che la Corte d'appello ha tenuto conto che la mali, risalente alla fine del 1994, riguardava evidentemente il sistema di acquisizione del diritti antecedente al periodo rilevante nel presente processo, e che comunque la censura non integra in realtà un travisamento della prova, bensì concerne l'apprezzamento soggettivo della stessa, denunziando in realtà la mancanza di attendibilità e di verosimiglianza del narrato, la mancanza di credibilità della fonte, ossia del Pugnetti. Ma la Corte d'appello ha appunto osservato che il Pugnetti, sentito dapprima come teste e poi quale imputato di reato connesso, aveva confermato sia il ruolo di Lorenzano in USA e quello dl Bernasconi, sia altresì i contenuti della mail di Schwalbe, a proposito dello «shell game» del Gruppo. In sostanza, ci si ritrova dunque ancora una volta a discutere non di un travisamento della prova, ma di attendibilità e di verosimiglianza della valutazione del contenuto di un documento o di un contributo dichiarativo."
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Per quanto riguarda le fonti documentali, la Corte spiega che la sentenza impugnata "richiama innanzitutto - definendola "la fonte scritta che meglio descrive il percorso, fittizio, dei diritti" - una email inviata il 12.12.1994 da Douglas Schwalbe (un contabile della 20th Century Fox) a Mark Kaner (presidente della distribuzione Internazionale della medesima Fox). La Corte d'appello ricorda, sulla scia della sentenza di primo grado, che in questa email Schwalbe riferisce quanto appreso da Alessandro Pugnetti, ossia della messa in opera di un cd. shell game (gioco del gusci di noce), sistema con il quale le società facenti capo a Berlusconi gonfiavano i prezzi per costituire fondi all'estero ed evadere il fisco. Circa la valutazione di questa email, il ricorso Berlusconi (motivo n. 26 da pag. 144 e motivo n. 28 a pag. 170) eccepisce, tra l'altro, come si è già esposto in precedenza, soprattutto che: - la mali si riferiva ad un periodo precedente rispetto a quello di cui al capo di imputazione e rilevante nel presente processo; - che la stessa mail non era altro che "un evidente tentativo di dare delle spiegazioni, del tutto sconnesse dalla realtà, per procrastinare dei pagamenti" (nella mail si parla di un debito di 1 milione di dollari, scaduto da 90 giorni); - che vari elementi del racconto non trovano corrispondenza nella realtà dell'epoca; - che la lettura che ne è stata dalla Corte d'appello è stata smentita non solo da entrambi gli interlocutori stranieri, ma altresì da Pugnetti; - che quest'ultimo aveva anche riferito che Bernasconi lo aveva autorizzato a fare una comunicazione per fronteggiare le pressanti richieste di Schwalbe, ma che, sulla base delle acquisite dichiarazioni di Bernasconi, questa tesi era "del tutto inverosimile". Sennonché, rileva il Collegio che la Corte d'appello ha tenuto conto che la mali, risalente alla fine del 1994, riguardava evidentemente il sistema di acquisizione del diritti antecedente al periodo rilevante nel presente processo, e che comunque la censura non integra in realtà un travisamento della prova, bensì concerne l'apprezzamento soggettivo della stessa, denunziando in realtà la mancanza di attendibilità e di verosimiglianza del narrato, la mancanza di credibilità della fonte, ossia del Pugnetti. Ma la Corte d'appello ha appunto osservato che il Pugnetti, sentito dapprima come teste e poi quale imputato di reato connesso, aveva confermato sia il ruolo di Lorenzano in USA e quello dl Bernasconi, sia altresì i contenuti della mail di Schwalbe, a proposito dello «shell game» del Gruppo. In sostanza, ci si ritrova dunque ancora una volta a discutere non di un travisamento della prova, ma di attendibilità e di verosimiglianza della valutazione del contenuto di un documento o di un contributo dichiarativo."
Ecco il testo della sentenza
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Normativa su questo argomento:
Università - Decreto Legge 180/2008
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