di Luigi Del Giudice - Già la Corte Costituzionale, affrontando il tema della legittimità dell'art. 187 c.d.s., ha affermato trovarsi in presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza di due elementi, l'uno obiettivamente rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria (lo stato di alterazione), e per il quale possono valere indici sintomatici, l'altro consistente nell'accertamento della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato quantitativo, ma gli effetti che l'assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto nei singoli soggetti (Corte Cost., ord. n. 277/2004) (v. Cass., Sez. 4, n. 48004/2009, cit.).
Quanto sopra è confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 30 agosto 2013, n. 35783, secondo la quale appunto, la condotta tipica del reato previsto dall'art. 187 c.d.s. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato di alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Affinché, dunque, possa affermarsi la responsabilità penale dell'agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, essendo altresì necessaria la prova che lo stesso fosse alla guida in stato di alterazione causato da tale assunzione (v. Cass., Sez. 4, n. 7270/2010; Cass., Sez. 4, n. 41796/2009, Rv. 245535; Cass., Sez. 4, n. 33312/2008, Rv. 241901).
In breve, mentre per affermare la sussistenza della guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente che vi sia una prova sintomatica dell'ebbrezza o che il conducente del veicolo abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nell'art. 186, comma 2, c.d.s., per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 187 c.d.s. devono ritenersi indispensabili, tanto il concreto ricorso di circostanze idonee a comprovare l'effettiva condizione di alterazione psico-fisica del soggetto, quanto l'esecuzione di un accertamento di carattere tecnico-biologico necessario ad attestare l'effettiva assunzione di sostanze stupefacenti (v. Cass., Sez. 4, n. 48004/2009).
Con particolare riguardo a tale ultima indagine, vale evidenziare come la stessa chieda d'essere eseguita in via esclusiva secondo le forme e i modi previsti dal secondo comma dell'art. 187 c.d.s. (ossia attraverso un esame tecnico su campioni di liquidi biologici), non potendo desumersi da elementi sintomatici esterni (come invece è ammesso per l'ipotesi di guida sotto l'influenza dell'alcool), richiedendo, detto accertamento, l'esplicazione di conoscenze tecniche specialistiche finalizzate all'individuazione e alla quantificazione delle ridette sostanze (cfr. Cass., Sez. 4, n. 14803/06). Ai fini dell'accertamento del reato è dunque necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia il ricorso di altre circostanze idonee a comprovare la situazione di alterazione psico-fisica dell'agente. Tale complessità probatoria, in particolare, deve ritenersi imposta dalla circostanza per cui le tracce dell'assunzione di sostanze stupefacenti permangono nel tempo, sicché l'esame tecnico potrebbe evidenziare un esito positivo in relazione a un soggetto che ha assunto la sostanza diversi giorni prima e che, pertanto, non si trova, al momento del fatto, in stato di alterazione (v. Cass., Sez. 4, n. 16895/2012).
Luigi Del Giudice
www.polizialocaleweb.com
Quanto sopra è confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 30 agosto 2013, n. 35783, secondo la quale appunto, la condotta tipica del reato previsto dall'art. 187 c.d.s. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato di alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Affinché, dunque, possa affermarsi la responsabilità penale dell'agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, essendo altresì necessaria la prova che lo stesso fosse alla guida in stato di alterazione causato da tale assunzione (v. Cass., Sez. 4, n. 7270/2010; Cass., Sez. 4, n. 41796/2009, Rv. 245535; Cass., Sez. 4, n. 33312/2008, Rv. 241901).
In breve, mentre per affermare la sussistenza della guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente che vi sia una prova sintomatica dell'ebbrezza o che il conducente del veicolo abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nell'art. 186, comma 2, c.d.s., per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 187 c.d.s. devono ritenersi indispensabili, tanto il concreto ricorso di circostanze idonee a comprovare l'effettiva condizione di alterazione psico-fisica del soggetto, quanto l'esecuzione di un accertamento di carattere tecnico-biologico necessario ad attestare l'effettiva assunzione di sostanze stupefacenti (v. Cass., Sez. 4, n. 48004/2009).
Con particolare riguardo a tale ultima indagine, vale evidenziare come la stessa chieda d'essere eseguita in via esclusiva secondo le forme e i modi previsti dal secondo comma dell'art. 187 c.d.s. (ossia attraverso un esame tecnico su campioni di liquidi biologici), non potendo desumersi da elementi sintomatici esterni (come invece è ammesso per l'ipotesi di guida sotto l'influenza dell'alcool), richiedendo, detto accertamento, l'esplicazione di conoscenze tecniche specialistiche finalizzate all'individuazione e alla quantificazione delle ridette sostanze (cfr. Cass., Sez. 4, n. 14803/06). Ai fini dell'accertamento del reato è dunque necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia il ricorso di altre circostanze idonee a comprovare la situazione di alterazione psico-fisica dell'agente. Tale complessità probatoria, in particolare, deve ritenersi imposta dalla circostanza per cui le tracce dell'assunzione di sostanze stupefacenti permangono nel tempo, sicché l'esame tecnico potrebbe evidenziare un esito positivo in relazione a un soggetto che ha assunto la sostanza diversi giorni prima e che, pertanto, non si trova, al momento del fatto, in stato di alterazione (v. Cass., Sez. 4, n. 16895/2012).
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