di Gerolamo Taras - Recita l'art. 12 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3. Obbligo della residenza. L'impiegato deve risiedere nel luogo ove ha sede l'ufficio cui è destinato. Il capo dell'ufficio, per rilevanti ragioni, autorizza l'impiegato a risiedere altrove, quando ciò sia conciliabile col pieno e regolare adempimento d'ogni altro suo dovere.
L' ordinanza n. 162/2012 della Corte costituzionale precisa, espressamente, che la mancanza di autorizzazione per risiedere fuori dal comune dove è la sede di lavoro è sanzionabile sul piano disciplinare, ma non ha un effetto ostativo alla indennizzabilità dell'infortunio in itinere, chiarendo ulteriormente che è applicabile al pubblico impiego (anche nei regimi normativi precedenti a quello attuale) la giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di rapporti di impiego privato che considera, ai fini dell'indennizzabilità, per abitazione del lavoratore il luogo dove si trova la sua famiglia.
Pertanto, secondo il Consiglio di Stato (Sezione Terza) -sentenza N. 04281/2013 del 27/08/2013- il provvedimento che nega l'indennizzabilità degli infortuni in itinere, motivato esclusivamente sotto il profilo della mancata autorizzazione a risiedere fuori dal Comune ove è situata la sede di lavoro, è illegittimo alla luce dei criteri deducibili dalla sopra richiamata ordinanza della Corte Costituzionale.
Anche nel caso che andiamo ad esporre ci troviamo di fronte ad una controversia definita in tempi biblici. Basti pensare che il ricorrente originario, come Mosè, non ha potuto vedere l' affermarsi delle proprie ragioni.
Il signor N. infatti è deceduto nel frattempo e la causa è stata portata avanti dagli eredi.
Il TAR Basilicata nel 2001, con sentenza n. 166, aveva respinto il ricorso di P. N. per l'annullamento della delibera n. 2080 del 23 novembre 1994, adottata dal Commissario straordinario della Unita' Sanitaria Locale n. 6 di Matera, con la quale era stata rigettata l'istanza di riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, a seguito di incidente in itinere.
La sentenza veniva motivata con la considerazione che l'incidente stradale in cui era rimasto coinvolto il signor P. N. era avvenuto nel tragitto di ritorno dal luogo di lavoro alla propria abitazione, sita in Altamura, fuori dell'ambito territoriale dell'Unità Sanitaria Locale. Il signor N. non era stato autorizzato dall' Amministrazione a derogare all'obbligo di residenza, ex art. 27 del D.P.R. n. 761/1979 (infatti ai dipendenti delle unita'sanitarie locali si applicano le norme vigenti per i dipendenti civili dello Stato di cui al DPR 10 gennaio 1957, n. 3, compreso il citato art. 12). Per cui veniva fatto riferimento a quella giurisprudenza per la quale, la mancata autorizzazione a risiedere fuori del Comune, non consentiva di indennizzare l'infortunio in itinere del pubblico dipendente.
Il signor N. e, successivamente i suoi eredi hanno appellato la sentenza. Il signor N. era residente in Matera, anche se per evidenti valide ragioni familiari dimorava in Altamura. Viene rilevato che il Comune di Altamura pur ubicato in altra Regione, è comunque il Comune più vicino a quello di Matera.
Per l' appellante, la giurisprudenza citata dalla sentenza non è adeguata alle questioni istituzionali che i principi dell'art. 16 della Costituzione e quelli comunitari di libera circolazione richiedono, oltre ai principi di razionalità, ragionevolezza e proporzionalità.
Cita oltre all'ampia giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sezioni Unite n. 3734/1994), anche significative pronunzie della Corte dei Conti (Corte dei Conti, Sez. III, Pens. Civ., n. 50725/1982; n. 35363/1978; Sez. Giur.le Sardegna, Pens. Civ. e Mil., n. 244/1995), che, nello specifico, non riconoscono, la mancata autorizzazione a risiedere fuori dal Comune, come elemento sufficiente a negare l'indennizzabilità per infortuni in itinere.
L'appellante afferma che la giurisprudenza più recente, costituzionale, civile, amministrativa giunge a ritenere indennizzabile anche l'infortunio occorso durante il percorso tra il lavoro e il luogo ove risieda la famiglia e supera ogni differenziazione, nella definizione dell'infortunio in itinere, tra rapporto di lavoro privato e rapporto di pubblico impiego.
Ragionamento svolto al contrario dall' Amministrazione, secondo la quale non avrebbero potuto essere, in ogni caso, dipendenti da causa di servizio gli esiti invalidanti dell'incidente, in quanto il Nicoletti non era mai stato autorizzato ad abitare in Altamura, e ciò in deroga all'obbligo di residenza di cui all'art. 27 del D.P.R. n. 761/1979. Pertanto la violazione dell'obbligo di residenza sancito dall'art. 27 del DPR n. 761/1979 ha costituito per il signor Nicoletti "rischio elettivo di cui si è assunto tutte le conseguenze".
Viene citata a sostegno giurisprudenza risalente del Consiglio di Stato (sentenza n. 733/1983, solo l'autorizzazione dell'Amministrazione produce la conseguenza che l'infermità contratta nel corso dei quotidiani trasferimenti dal Comune di residenza alla sede di servizio è imputabile a causa di servizio) e della stessa Corte di Cassazione (che ha escluso la indennizzabilità dell'infortunio in itinere tutte le volte che il comportamento del lavoratore infortunato, quand'anche non abnorme secondo il comune sentire, sia stato contrario a norme di legge).
Il Collegio giudica l'appello fondato alla luce dei criteri interpretativi di recente stabiliti della citata ordinanza della Corte costituzionale n. 162/2012.
Mentre "non considera opponibili in questo giudizio, il cui oggetto è la legittimità del provvedimento impugnato in primo grado, gli ulteriori motivi di diniego a cui la USL appellata aveva già fatto riferimento negli atti presentati nel corso del giudizio e che sono stati più estesamente articolati nella relazione trasmessa dalla USL, in esecuzione della ordinanza istruttoria di questa Sezione del Consiglio di Stato n. 1198/2013…Tali motivi potranno essere certamente oggetto di istruttoria e di ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione in contraddittorio con gli argomenti e gli ulteriori elementi forniti dalle parti interessate ai provvedimenti medesimi a norma della legge n. 241/1990".
Sentenza n.04281/2013