di Gerolamo Taras - La mancata aggiudicazione di un appalto per fatto illecito della PubblicaAmministrazione, in presenza del nesso di causalità fra comportamento e danno patito, da luogo al risarcimento del danno patito secondo lo schema della responsabilità extracontrattuale.
Con la conseguenza che incombe alla parte ricorrente l'onere di dimostrare (oltre all'esistenza di un pregiudizio patrimoniale e alla sua riconducibilità eziologica all'adozione del provvedimento illegittimo) la sua misura, come riconosciuto dall'indirizzo prevalente formatosi in seno alla giurisprudenza amministrativa. Il ricorrente, poi, non può limitarsi ad addurre l'illegittimità dell'atto, valendosi, ai fini della sua quantificazione, del principio dispositivo con metodo acquisitivo e, quindi, della sufficienza dell'allegazione di un principio di prova, ma è tenuto a compiere l'ulteriore sforzo probatorio di documentare il pregiudizio patrimoniale del quale chiede il ristoro nel suo esatto ammontare.
Perché sia ritualmente assolto l'onere della prova, è necessario che il ricorrente danneggiato alleghi gli elementi di fatto e gli indizi sulla cui base possono individuarsi i parametri presuntivi di determinazione del danno.
La dimostrazione dell' esatto ammontare del danno patrimoniale patito per la mancata aggiudicazione di un appalto
risulta estremamente ardua. Anche in questo caso, il pregiudizio risarcibile si compone, secondo la definizione dell'art. 1223 c.c., del danno emergente e del lucro cessante: e cioè della diminuzione reale del patrimonio del privato, per effetto di esborsi connessi alla (inutile) partecipazione al procedimento, e della perdita di un'occasione di guadagno o, comunque, di un'utilità economica connessa all'adozione o all'esecuzione del provvedimento illegittimo. Se per la prima voce di danno (quello emergente) non si pongono particolari problemi nell'assolvimento dell'onere della prova (è sufficiente documentare le spese sostenute), per la seconda (lucro cessante) si configurano, viceversa, rilevanti difficoltà.Per avere accesso al risarcimento, il privato deve dimostrare, non solo che la sua sfera giuridica ha subito una diminuzione per effetto dell'atto illegittimo, ma che non si è accresciuta nella misura che avrebbe raggiunto se il provvedimento viziato non fosse stato adottato o eseguito. Dimostrazione, quanto alla loro effettiva consistenza ed attendibilità, che presenta implicazioni di notevole complessità, per cui per la determinazione del quantum risarcibile è necessario ricorrere all'applicazione di criteri presuntivi.
Si tratta di presunzioni semplici che indicano, secondo la comune esperienza, parametri valutativi sufficientemente puntuali dell'entità della perdita economica patita dal privato per effetto dell'adozione dell'atto illegittimo ovvero della colpevole inerzia dell'amministrazione.
Quanto alle spese, nel caso di azione risarcitoria per responsabilità extracontrattuale dell'Amministrazione, secondo la Sezione, è risarcibile il danno relativo a quelle sostenute dal danneggiato, purchè strettamente afferenti alla partecipazione alla gara di appalto.
Non lo sono invece le spese sostenute per la retribuzione del personale dipendente all'interno della società e le spese generali per il funzionamento della struttura aziendale, in quanto tali spese sarebbero state ugualmente sostenute, anche a prescindere dalla partecipazione alla gara di cui trattasi.
Per quanto riguarda le spese per la partecipazione alla gara, nell'ipotesi in cui l'impresa benefici del risarcimento del danno per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione), esse non sono risarcibili, trattandosi di voci di costo che sarebbero comunque state sostenute dall'instante anche in caso di aggiudicazione o di mancata aggiudicazione del servizio; per cui le stesse devono ritenersi incorporate nella differenza tra ricavi e costi, all'esito del quale si ottiene l'utile ritraibile dal servizio medesimo.
Mancato incasso dell'utile derivante dalla esecuzione della commessa (lucro cessante, ex art. 1223 c.c.). Nel caso di annullamento dell'aggiudicazione e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, il mancato utile nella misura integrale spetta solo se quest'ultimo dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, mentre, in difetto di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi e, pertanto, in tale ipotesi deve operarsi una decurtazione del risarcimento di una misura per l' "aliunde perceptum vel percipiendum". A questo proposito, anzi, ai sensi dell'art. 1227 c.c., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno e nelle gare di appalto l'impresa non aggiudicataria, ancorché proponga un ricorso e possa ragionevolmente confidare di riuscire vittoriosa, non può mai nutrire la matematica certezza che le verrà aggiudicato il contratto, atteso che sono molteplici le possibili sopravvenienze ostative; per cui non costituisce normalmente condotta diligente quella di immobilizzare tutti i mezzi d'impresa nelle more del giudizio nell'attesa dell'aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ben più razionale che l'impresa si attivi per svolgere nelle more altre attività, procurandosi prestazioni contrattuali alternative dalla quali trarre utili.
Quanto al danno curriculare, l'impresa, ingiustamente privata dell'esecuzione di un appalto, può rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento, per la parte relativa al "curriculum" professionale.
Il danno curriculare consiste nel pregiudizio subito dall'impresa a causa del mancato arricchimento del proprio "curriculum" professionale, per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto sfumato a causa del comportamento illegittimo dell'Amministrazione. Tale danno costituisce una specificazione del danno per perdita di "chance" in quanto l'aggiornamento curriculare perduto avrebbe fatto conseguire all'impresa un vantaggio economicamente valutabile, accrescendone la capacità di competere sul mercato e, quindi, la possibilità di aggiudicarsi ulteriori commesse.
Interessi e rivalutazione. Sulle somme riconosciute a titolo di risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale, devono riconoscersi gli interessi maturati e la rivalutazione monetaria, da computarsi alla data del verificarsi dell'illecito. La rivalutazione del credito va operata secondo i valori monetari correnti e computare gli interessi calcolati dalla data del fatto, non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, bensì sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria.
I principi sopra esposti sono stati applicati dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato (sentenza n. 04376/2013 del 03/09/2013) nel giudizio sulla richiesta di esecuzione del giudicato, formatosi sulla sentenza n. 00546/2012 del Consiglio di Stato, che aveva accolto l'appello proposto dalla Rillo Costruzioni s.r.l per la riforma della sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VIII, n. 07639/2009 (che a sua volta aveva accolto il ricorso proposto da Termotetti Costruzioni s.r.l. per l'annullamento della sua esclusione dalla gara per l'esecuzione dei lavori di realizzazione del "raccordo stradale al centro abitato di Faicchio").
In precedenza la Sezione, con propria sentenza non definitiva n. 240/2013, aveva già affermato la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, in quanto il comportamento tenuto dal Comune di Faicchio aveva tutti i requisiti dell'illecito, compreso il nesso di causalità immediato e diretto tra il danno di cui è stato chiesto il ristoro e il comportamento dell'Amministrazione.
Le richieste sono state accolte solo in parte. In base alle argomentazioni svolte dalla Sezione, non sono state riconosciute le spese generali dell' azienda e le spese di partecipazione alla gara (danno emergente). Il ristoro del lucro cessante, ex art. 1223 del c.c., per mancato incasso dell'utile derivante dalla esecuzione della commessa, richiesto in misura pari al 10% della offerta formulata, viene decurtato del 50%. Vengono invece riconosciuti i danni curriculari, nella misura del 2,50% dell'importo del contratto che avrebbe dovuto essere sottoscritto (pari ad € 1.986.176,70).
Sentenza n. 04376/2013