La Cassazione civile Sezione I, sentenza n. 7059 del 9 maggio 2003, Coin c. Com. Arzergrande è intervenuta sul tema della determinazione dell'indennità di esproprio. Il caso era quello previsto dall'art. 61 della legge regionale del Veneto 27 giugno 1985, n. 61 per il quale, quando, entro i termini stabiliti ai sensi del secondo comma dell'art. 15 o art. 16 (rispettivamente piano di recupero e di lottizzazione), tra gli aventi titolo rappresentanti almeno i tre quarti del valore degli immobili sulla base dell'imponibile catastale, non si verifichi l'accordo per la formazione di un Consorzio all'interno di un piano urbanistico attuativo di iniziativa privata o per la presentazione del relativo progetto di piano, il Sindaco lo fa redigere d'ufficio, prevedendo anche i termini per la sua attuazione, e lo notifica ai proprietari interessati, i quali entro 15 giorni possono presentare le loro opposizioni. Insieme con queste, il Sindaco sottopone il progetto di piano al Consiglio comunale per la sua approvazione. Il piano è approvato e diviene esecutivo e l'approvazione del piano comporta la dichiarazione di pubblica utilità per le opere in esso previste per la durata di 10 anni, prorogabile dal Consiglio comunale per un periodo non superiore a 5 anni.
L'indennità per l'espropriazione di aree edificabili
La decisione puntualizza che l'indennità per l'espropriazione di aree edificabili disposta dal Sindaco, ai sensi dell'art. 61 cit, in attuazione del piano di lottizzazione previsto dall'art. 16 ed a carico dei proprietari dissenzienti delle aree rientranti nel piano, va determinata secondo il criterio del valore di mercato, stabilito dall'art. 39 della legge n. 2359 del 1865, e non del criterio "mediato" di cui all'art. 5-bis D.L. n. 333 del 1992 (conv., con modif., in legge n. 259 del 1992). Di tale ultima norma "si impone una interpretazione restrittiva costituzionalmente adeguata - che eviti il contrasto con i principi sanciti dagli artt. 3 e 42 Cost. come applicati dalla giurisprudenza costituzionale - quanto all'inciso che ne estende l'applicazione alle espropriazioni "comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi dichiarati di pubblica utilità" (quale è, indubbiamente, di per sé quello previsto dalla citata legge regionale)". A tale soluzione la Corte perviene considerando che, a norma dell'art. 62 della citata legge regionale, l'approvazione del piano di lottizzazione costituisce titolo, oltre che per l'espropriazione in favore del Comune, anche per la cessione degli immobili al consorzio dei proprietari aderenti al piano, a prezzi corrispondenti all'indennità di esproprio, senza che alcuna limitazione sia imposta al consorzio medesimo in ordine alla libera disponibilità sia dei suoli espropriati che delle opere realizzate. Sarebbe allora assolutamente irragionevole, oltre che iniquo, ipotizzare che all'espropriato possa essere imposto un così gravoso sacrificio (l'ablazione del bene con corresponsione di un indennizzo "mediato", di importo di gran lunga inferiore al valore venale del bene) a fronte dell'assoluto disimpegno economico da parte della P.A. (che recupera dal consorzio l'intero importo dell'indennità) e della possibilità, per il consorzio, di realizzare una speculazione ai valori pieni di mercato.
(News pubblicata su autorizzazione di www.leggiditalia.it)
L'indennità per l'espropriazione di aree edificabili
La decisione puntualizza che l'indennità per l'espropriazione di aree edificabili disposta dal Sindaco, ai sensi dell'art. 61 cit, in attuazione del piano di lottizzazione previsto dall'art. 16 ed a carico dei proprietari dissenzienti delle aree rientranti nel piano, va determinata secondo il criterio del valore di mercato, stabilito dall'art. 39 della legge n. 2359 del 1865, e non del criterio "mediato" di cui all'art. 5-bis D.L. n. 333 del 1992 (conv., con modif., in legge n. 259 del 1992). Di tale ultima norma "si impone una interpretazione restrittiva costituzionalmente adeguata - che eviti il contrasto con i principi sanciti dagli artt. 3 e 42 Cost. come applicati dalla giurisprudenza costituzionale - quanto all'inciso che ne estende l'applicazione alle espropriazioni "comunque preordinate alla realizzazione di opere o interventi dichiarati di pubblica utilità" (quale è, indubbiamente, di per sé quello previsto dalla citata legge regionale)". A tale soluzione la Corte perviene considerando che, a norma dell'art. 62 della citata legge regionale, l'approvazione del piano di lottizzazione costituisce titolo, oltre che per l'espropriazione in favore del Comune, anche per la cessione degli immobili al consorzio dei proprietari aderenti al piano, a prezzi corrispondenti all'indennità di esproprio, senza che alcuna limitazione sia imposta al consorzio medesimo in ordine alla libera disponibilità sia dei suoli espropriati che delle opere realizzate. Sarebbe allora assolutamente irragionevole, oltre che iniquo, ipotizzare che all'espropriato possa essere imposto un così gravoso sacrificio (l'ablazione del bene con corresponsione di un indennizzo "mediato", di importo di gran lunga inferiore al valore venale del bene) a fronte dell'assoluto disimpegno economico da parte della P.A. (che recupera dal consorzio l'intero importo dell'indennità) e della possibilità, per il consorzio, di realizzare una speculazione ai valori pieni di mercato.
(News pubblicata su autorizzazione di www.leggiditalia.it)
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: