di Gerolamo Taras - Il Consiglio di Stato, riprendendo le disposizioni contenute nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con DPR n. 380/2001, rileva, quanto alle condizioni di legittimità dei provvedimenti di demolizione e acquisizione al patrimonio comunale dell'immobile:
1) la mera astratta possibilità di ottenere il provvedimento in sanatoria non è, sufficiente a rendere privi di efficacia gli atti impugnati, che rimane condizionata alle condizioni tassativamente previste dall'art. 36 (nel caso di interventi realizzati, senza titolo abilitativo «il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda»);
2) il proprietario dell'area, «fino a prova contraria», deve ritenersi corresponsabile dell'abuso (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1179) anche se l'art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2011, nel disciplinare gli atti sanzionatori di demolizione e acquisizione, non contiene una espressa previsione in ordine all'ammissibilità del provvedimento di acquisizione nel caso in cui il proprietario dell'area non sia responsabile dell'abuso;
3) l'art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, nel disciplinare il procedimento sanzionatorio per interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire in totale difformita' o con variazioni essenziali stabilisce che:
a) Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso di costruire «ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso» la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto, ai sensi del successivo comma 3 (comma 2);
b) se il «responsabile dell'abuso» non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi «nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione», il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune; l'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita (comma 3);
c) l'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma 3, «previa notifica all'interessato», costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
La questione posta all' esame del Consiglio di Stato. Il signor F.F. amministratore della società V. L. s.r.l. aveva realizzato, in assenza di un valido titolo abilitativo, un appartamento su un lotto di terreno sito in Roma, di proprietà della società. La società, a seguito di un sopralluogo, effettuato da parte di agenti della polizia municipale di Roma, veniva a conoscenza che il suddetto fabbricato era stato realizzato dal signor F. F. in assenza di titolo abilitativo.
Il Comune, in data 14 febbraio 2012, aveva notificato alla società (erroneamente in persona del legale rappresentante F. F.) il provvedimento, con il quale intimava la demolizione dell'immobile, con l'avvertimento che, in caso di inottemperanza, lo stesso sarebbe stato acquisito gratuitamente al patrimonio comunale.
Successivamente ha notificato il provvedimento di acquisizione dell'intera particella unitamente all'atto con cui è stata irrogata la sanzione pecuniaria di euro 13.500,00.
La società aveva impugnato entrambi i provvedimenti innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma. Il TAR, con sentenza n. 1959/2013, aveva rigettato i ricorsi, rilevando, in particolare, che l'immobile fosse stato realizzato senza titolo abilitativo.
Contro la sentenza la società ha, quindi, proposto appello. Il Consiglio di Stato - sentenza n.4913/2013del 04/10/2013- ha accolto parzialmente il ricorso sulla base delle argomentazioni in diritto sopra svolte.
Il primo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato, non essendo risultato che la parte avesse presentato la relativa domanda ed ottenuto un provvedimento di sanatoria. Anche il terzo motivo (con cui la società assume che, non essendo la stessa responsabile dell'abuso, è illegittimo il provvedimento di acquisizione dell'area di proprietà della società stessa) viene ritenuto infondato.
Nel caso in esame, la società si è limitata ad affermare di essere estranea alla commissione dell'abuso ma non ha addotto alcun elemento probatorio idoneo a dimostrare l'assunto. La descrizione dei fatti, le modalità di commissione dell'illecito, nonché il luogo ove l'opera è stata realizzata (accanto a due fabbricati, abitati, di proprietà della stessa società) inducono a ritenere che la società non possa considerarsi estranea all'abuso stesso.
Inoltre il silenzio dell'art.31 del citato TU, sulle conseguenze per il proprietario dell' area, nel caso in cui non sia ritenuto responsabile dell'abuso, viene rimosso dall' art. 15, secondo comma, della legge della Regione Lazio 11 agosto 2008, n. 15 (Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia).
La norma, nel riprodurre sostanzialmente il contenuto del citato art. 31, ha, specificato che non si procede all'acquisizione dell'area «ma esclusivamente alla demolizione dell'opera abusiva nel caso in cui il proprietario della stessa non sia responsabile dell'abuso».
E' stato, invece, ritenuto fondato il quarto motivo, proposto «in via subordinata», con cui si assume l'illegittimità del provvedimento di acquisizione, in quanto adottato prima dello scadere del termine di novanta giorni.
Nella fattispecie in esame, essendo stati notificati alla società l'atto di demolizione in data 14 febbraio 2012 (in data 1° agosto 2011 lo stesso è stato notificato al solo F. F.) e l'atto di acquisizione in data 19 marzo 2012 - e poiché la legittimità dell'atto di acquisizione va esaminata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente alla data della sua emanazione - deve ritenersi che non sia stato rispettato dall'amministrazione comunale il termine di garanzia di novanta giorni, con conseguente illegittimità dell'acquisizione disposta.
In definitiva, per le ragioni esposte, l'appello viene ritenuto fondato, limitatamente alla censura riferita alla violazione del requisito temporale prescritto per l'adozione del provvedimento di demolizione. Entro questi limiti ed in riforma parziale della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado viene accolto, con annullamento del provvedimento di Roma Capitale del 29 febbraio 2012, n. 12910. Vengono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa, che valuterà quanto accaduto successivamente alla notifica dell'ordine di demolizione.
Sentenza N. 04913/2013