di Marco Massavelli - In tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l'apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (Cass. 2/03/2004, n.4186; Cass. 25/02/2004, n.3803; Cass.30/01/2004, n.1758; Cass. 05/04/2003, n. 5375).
E' il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione Civile, con la sentenza 17 luglio 2013, n. 17460.
Assume il ricorrente che è manifestamente illogico il percorso giuridico logico adottato dal giudice in merito alla ripartizione delle quote di concorsualità, attribuendo al ciclomotore una determinata velocità sulla esclusiva valutazione delle tracce di frenata, con incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Infatti, come costantemente affermato da questa Corte, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l'apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (Cass. 2/03/2004, n.4186; Cass. 25/02/2004, n.3803; Cass.30/01/2004, n.1758; Cass. 05/04/2003, n. 5375).
Il caso riguarda un sinistro avvenuto tra un autoveicolo e un ciclomotore: la Corte di appello riteneva il concorso di colpa del ciclomotore nella misura del 20%. Nella fattispecie la sentenza impugnata, fondandosi sia sul rapporto dei vigili urbani, che sulla deposizione dell'agente accertatore ha rilevato l'esistenza di una traccia di frenata di ben m. 15,08, ed utilizzando le nozioni di comune esperienza, a cui il giudice ben può riportarsi, ha ritenuto che la velocità del ciclomotore fosse piuttosto elevata con una condotta non prudenziale ed adeguata alle condizioni di circolazione e che tale velocità aveva influito sull'eziologia dello scontro e sulle conseguenze.
Secondo le tabelle riconosciute dalla dottrina di settore relativamente agli spazi di frenata in base al tipo di veicolo su strada asciutta, per quanto concerne i ciclomotori è di m. 10,74 per 40 km/h di velocità. Tenuto conto che la velocità massima dei ciclomotori è di 45 km/h, come previsto dal codice della strada, si può ragionevolmente sostenere che, in effetti, la velocità del ciclomotore fosse superiore, e sicuramente non commisurata (cfr. articolo 141, codice della strada) alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni della strada e del traffico. Quanto alla mancata rilevanza assegnata alle prove testimoniali, rispetto alle risultanze del rapporto dei verbalizzanti, va osservato che al giudice del merito spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).
Va inoltre osservato che l'apprezzamento del giudice del merito circa le modalità di un incidente stradale, il comportamento delle persone in esso coinvolte, le singole violazioni compiute dalle medesime, e, in particolare, la valutazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente nella produzione dell'evento dannoso, costituiscono altrettanti giudizi di fatto, incensurabili in sede di legittimità, ove risultino immuni da errori logici e giuridici (Cass. n. 9040 del 15/04/2010; 15809 del 11/11/2002).