In caso di opposizione al decreto da parte dell'ingiunto, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via accidentale, la loro validità.
Infatti, le contestazioni in ordine alla validità delle deliberazioni - intese come vizi di annullabilità - adottate dall'assemblea condominiali vanno proposte, a pena di decadenza, entro il termine di trenta giorni e con le forme previste dall'art. 1137 c.c.
Tale principio di diritto è stato applicato nella fattispecie in esame (Tribunale di Milano, sent. n. 3284 dell'11 marzo 2013) che vedeva una s.r.l., proprietaria di un'unità immobiliare in condominio, ingiunta per il mancato pagamento delle spese condominiali deliberate in assemblea e non contestate nel termine decadenziale di trenta giorni ex art. 1137 c.c.
La società si opponeva all'ingiunzione di pagamento perché l'unità immobiliare di sua proprietà era distaccata dal servizio di riscaldamento centralizzato, per il quale, a suo dire, non sarebbero dovute le spese di servizio oggetto del decreto opposto. Chiedeva, pertanto, che venisse dichiarata nulla la delibera assembleare e revocato il decreto ingiuntivo, con la restituzione di quanto già pagato.
Il Tribunale rigettava l'opposizione proposta dal condomino moroso, rilevando che il decreto ingiuntivo era stato emesso per somme a carico dell'opponente con delibera condominiale la cui efficacia non era stata sospesa né poteva essere più impugnabile per decadenza dei termini ex art. 1137 c.c.
Infatti la ricostruzione proposta dall'opponente in termini di nullità della delibera in questione (che avrebbe consentito di eludere il termine di trenta giorni ex art. 1137 c.c.), è stata respinta dal tribunale perché "le eccezioni relative al riparto delle spese, come formulate dall'opponente, configurano profili di annullabilità delle delibere e non di nullità, in quanto relative alla ripartizione delle spese sono nulle solo se l'assemblea, esulando dalle proprie attribuzioni, modifica i criteri stabiliti dalla legge o in via convenzionale da tutti i condomini" (Cass. civ. n. 7708/2007).
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 26629/2009) hanno affermato che "nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo promosso dall'amministratore di condominio per il recupero dei contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate".
I supremi giudici, dunque, distinguono nettamente i poteri del giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali dai poteri del giudice dell'impugnazione delle deliberazioni adottate dall'assemblea di condominio. Il primo deve limitarsi a valutare l'esistenza e l'efficacia del titolo posto alla base del diritto di credito tutelato in via monitoria, al solo fine di valutare la legittimità del decreto emesso, mentre al secondo compete la valutazione in merito alla validità ed efficacia della deliberazione condominiale secondo i termini e le forme di cui all'art. 1137 c.c.
Il giudice dell'opposizione, pertanto, "non può sospendere il processo in attesa di definizione del giudizio di impugnazione della delibera assembleare posta a fondamento del procedimento monitorio mancando tra le due cause un rapporto di pregiudizialità necessaria" (Cass. sent. S.U. cit.)
Il decorso del suddetto termine di trenta giorni comporta la decadenza della facoltà dei condomini astenuti, assenti o dissenzienti di contestare la validità della delibera adottata dall'assemblea di condominio, che acquista così efficacia definitiva ed impedisce di fatto al giudice, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, di sindacare, in via accidentale, la sua validità potendosi limitare a verificare la perdurante esistenza ed efficacia della relativa delibera assembleare.