Avv. Luisa Camboni
Partiamo da una domanda: "In presenza di polizza a vita, in caso di decesso del titolare il quale ha designato come beneficiari della somma depositata solo due dei tre figli, il figlio escluso può far valere il proprio diritto per la quota di legittima come erede?"
Per dare una risposta il più possibile chiara al quesito ritengo sia necessario concentrare l'attenzione sulle seguenti disposizioni normative: art. 1920 c.c. "Assicurazione a favore di un terzo"; art. 741 c.c. "Collazione di assegnazioni varie".
L'art. 1920 c.c. "Assicurazione a favore di un terzo" così dispone: "E' valida l'assicurazione sulla vita a favore di un terzo. La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all'assicuratore, o per testamento; essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente. Equivale a designazione l'attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona. Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione".
Dal tenore letterale della norma si desume, senza dubbio alcuno, che la somma corrisposta a seguito del decesso dell'assicurato non rientra nell'asse ereditario e, dunque, non cade in successione. Tale somma, pertanto, non è soggetta ad imposta di successione, non si computa né per formare la quota per gli eredi, né per calcolare se vi sia lesione di legittima. Il terzo acquista, come si legge nell'ultimo comma della norma richiamata, "un diritto proprio" alla somma assicurata. Si tratta di un diritto autonomo nel senso che non ha alcun effetto sul patrimonio del contraente; di conseguenza, i suoi eredi non potranno rifarsi su tale somma per soddisfare i loro diritti.
Il beneficiario potrà, solamente, essere tenuto a restituire ai legittimari, che risultassero lesi, l'ammontare dei premi pagati dal de cuius.
All' 741 c.c., difatti, il Legislatore precisa che "E' soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio, per avviarli all'esercizio di una attività produttiva o professionale, per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore o per pagare i loro debiti".
Alla luce della soprarichiamata norma, pertanto, i premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a favore degli eredi, sono assoggettati a collazione, quindi si imputano all'asse ereditario, ai fini della determinazione delle quote di legittima e della quota disponibile.
Per completezza espositiva ritengo necessario spendere qualche parola sull'istituto della collazione previsto dall'art. 737 c.c..
Che cosa è la collazione?
Possiamo definirla come l'istituto in virtù del quale, taluni soggetti - figli legittimi e naturali, i loro discendenti legittimi e naturali, nonché il coniuge - che abbiano accettato l'eredità, conferiscono alla massa ereditaria quanto hanno ricevuto dal defunto in vita per donazione.
Ma qual è la ratio di tale istituto?
La ratio di tale istituto è quella di mantenere tra i coeredi del de cuius la proporzione delle quote fissata dal Legislatore indipendentemente dalle donazioni che il de cuius abbia effettuato in vita.
Applicando il quadro normativo delineato al quesito, possiamo affermare che solo i premi versati dal de cuius vanno a formare la massa ereditaria; il capitale non si tocca!
Occorrerebbe a questo punto verificare se colui che non è stato indicato in polizza come beneficiario abbia ricevuto o meno la sua quota di legittima.
In caso negativo i beneficiari della polizza saranno tenuti a versare quanto dovuto in denaro.
Il consiglio è quello di affidarsi ad un buon legale per meglio valutare e risolvere la situazione.
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