Prof. Luigino Sergio
Fatto: La questione su cui si controverte coinvolge alcuni privati che agiscono in appello contro il Comune di Milano, per la riforma (per ciò che riguarda il tema specifico che qui interessa) della Sentenza del TAR di Milano, sez. II, n. 580/2012, resa tra le parti, concernente il diniego di proroga del permesso di costruire e decadenza del permesso stesso.
I proprietari di un fabbricato realizzato a Milano chiedevano a questo Comune l'autorizzazione ad eseguire su detto immobile un intervento di ristrutturazione con recupero abitativo del sottotetto, ottenendo da parte dell'ente locale, il permesso di costruire, con il quale il Comune autorizzava i necessari lavori, calcolando, altresì, il contributo di costruzione complessivamente dovuto.
I soggetti privati, in relazione al permesso di costruire emanato, presentavano al Comune di Milano istanza di proroga di detto titolo abilitativo, chiedendo che i termini di avvio e di conclusione dei lavori fossero prorogati di un anno, in base a particolari ragioni, rappresentate dall'incertezza sui costi dell'intervento e dalla crisi congiunturale del settore immobiliare; successivamente veniva reiterata la richiesta di proroga che era rigettata, in uno con la dichiarazione della decadenza del permesso di costruire.
A seguito della decisione del TAR Lombardia, adito dai privati interessati, con la quale era stato sospesa, per vizio di difetto di motivazione, l'esecuzione dell'atto impugnato, con il potere dell'Amministrazione di determinarsi nuovamente sulla istanza di proroga, il Comune di Milano con apposito provvedimento si pronunciava ancora una volta negativamente sulla domanda di proroga, confermando il diniego e la dichiarata decadenza.
Con propria sentenza n. 580/2012, il TAR pronunciando sul merito della causa, dichiarava improcedibile il ricorso principale e respingeva i motivi aggiunti nonché l' avanzata richiesta risarcitoria; fatto che consentiva ai privati di proporre appello avverso tale decisum e al Comune di Milano di costituirsi in giudizio chiedendo la reiezione dell'appello.
Diritto: La richiesta di proroga di che trattasi è stata avanzata dagli interessati,come esposto nel provvedimento in contestazione, per due precipue ragioni: tanto per le incertezze economiche e finanziarie derivanti dall'operazione immobiliare in relazione al contenzioso intercorso col Comune circa la quantificazione del contributo di costruzione; quanto per la grave crisi economica che ha afflitto il settore dell'edilizia con le relative concrete ricadute.
Per verificare se le ragioni addotte dai ricorrenti siano sufficienti ad accogliere la richiesta che i termini di avvio e di conclusione dei lavori fossero prorogati di un anno, occorre preliminarmente appurare se esse contrastano o meno con quanto disposto dal d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizi (in G.U. 20 ottobre 2001, n. 245, S.O.), art. 15, rubricato Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire, il quale prevede che:
« 1. Nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.
2. Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata non può superare i tre anni dall'inizio dei lavori. Entrambi i termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.
2-bis. La proroga dei termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate.
3. La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire, salvo che le stesse non rientrino tra quelle realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell'articolo 22. Si procede altresì, ove necessario, al ricalcolo del contributo di costruzione.
4. Il permesso decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio».
Detto con altre parole, i termini di inizio e di ultimazione dei lavori possono essere prorogati con provvedimento motivato per fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso e la proroga dei termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori può essere accordata con provvedimento motivato, esclusivamente in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle particolari caratteristiche tecnico- costruttive della stessa.
Ad avviso dei giudici del Consiglio di Stato il diniego risulta essere stato correttamente adottato dal Comune interessato, in quanto i motivi che sono stati evidenziati a sostegno della richiesta di proroga appaiono eccedere l'ambito naturale che è descritto nell'art. 15, del d.p.r. n. 380/2011, per la concessione del beneficio de quo.
In effetti il motivo costituito dalla crisi congiunturale dell'edilizia addotto, evidenzia solo ragioni di carattere generale che attengono a considerazioni d'ordine tipo economico assai generiche ed astratte che non hanno rilevanza alcuna con l'obbligo di osservare i tempi di inizio e completamento dei lavori; cosicché appare del tutto impossibile considerare la "crisi congiunturale" un motivo valido per giustificare l'inerzia dei soggetti privati.
Non vi è, inoltre, nessuna incidenza diretta riguardo alla pendenza tra le stesse parti del contenzioso in ordine alla quantificazione del contributo di costruzione, la cui determinazione, come stabilita dal Comune, peraltro, nasce ed è conosciuta dai privati in coincidenza del rilascio del permesso di costruire e non successivamente.
L'art. 15 del d.p.r. n. 380/2001, ai fini della concessione della proroga dei termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori, presuppone una condizione ben precisa, costituita dalla sopravvenienza di fatti estranei alla volontà del titolare della concessione edilizia e tali non sono le circostanze dedotte dalla parte privata;
Sopravvenienza di fatti estranei alla volontà del titolare nella quale non può rientrare la c.d. "crisi congiunturale" che non può ritenersi «un motivo valido per giustificare l'inerzia» dei titolari del permesso di costruire che ben avrebbero potuto osservare i tempi di inizio e di completamento dei lavori; né, lo si ribadisce, impedimento può essere ritenuto l'esistenza della pendenza tra le stesse parti del contenzioso, in ordine alla quantificazione del contributo di costruzione, dovendosi rilevare che non viene data dimostrazione della concreta incidenza sulla situazione finanziaria degli appellanti e tenuto altresì conto del fatto che in teoria un eventuale esito positivo della controversia consentirebbe la ripetizione degli oneri richiesti (in più) in pagamento.
Neanche la condizione, pure prevista dal citato art. 15 citato, del d.p.r. n. 380/2001, secondo cui la proroga potrebbe essere possibile in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico- costruttive, può avere rilevanza nel caso in esame, in quanto le circostanze relative alla difficoltà di esecuzione delle modalità di realizzazione dell'opera edilizia non vengono minimamente in rilievo dalla documentazione di causa e comunque non sono rappresentate dagli interessati e tantomeno documentate.
Conclusioni: Si rileva da quanto detto che a sostegno della richiesta di proroga la parte appellante ha addotto regioni che non rientrano nei requisiti dettati dall'art.15 citato, in quanto essi non possono farsi rientrare tra i "fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso".
Bene, dunque, secondo i giudici del Consiglio di Stato, ha fatto il Comune a non accordare la chiesta proroga, a causa di «una colpevole inerzia nell'osservanza dei tempi di inizio e completamento dei lavori»; e nel contempo, una volta accertata l'impossibilità di accordare la proroga richiesta, «il Comune ha del pari correttamente proceduto a dichiarare la intervenuta decadenza del permesso di costruire» (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2011, n. 5028; idem 29 gennaio 2008, n. 249).
Lecce 13 ottobre 2014 Prof. Luigino Sergio (già Direttore Generale della Provincia di Lecce)