Ancora più aspra la regola del "chi perde paga" che si appresta ad essere introdotta nell'ordinamento con la conversione in legge del d.l. n. 132/2014, che sarà votata nelle prossime ore.
Le modifiche contenute nel maxiemendamento (sostitutivo del ddl n. 1612 di conversione del decreto), approvato dal Senato e dalla Camera nei giorni scorsi e in attesa del voto definitivo, restringono infatti ancora di più, rispetto allo schema originario, le ipotesi in cui il giudice può compensare le spese.
Il nuovo secondo comma dell'art. 92 codice di procedura civile, introdotto dall'art. 13 nel testo originario del provvedimento, col fine di fare da deterrente alle liti temerarie e spingere, al contempo, verso una maggiore funzionalità del processo civile di cognizione, aveva già provveduto ad eliminare le "gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione" dalle cause che giustificavano il ricorso alla compensazione intera o parziale delle spese giudiziali tra le parti.
Nel testo del maxiemendamento, è prevista un'applicazione ancora più rigorosa del principio della soccombenza, restringendo il potere discrezionale del giudice di ricorrere alla compensazione delle spese alle sole ipotesi di "soccombenza reciproca", ovvero di "assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti". Soltanto in questi casi, il giudice potrà compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero.
Ancora non efficace, la disposizione si applicherà ai procedimenti introdotti a decorrere dal 30° giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
Vedi anche:
Cassazione: illegittima la compensazione delle spese con riferimento generico alla posizione difensiva assunta dal convenutoI giudici di merito non possono compensare le spese legali se non c'è soccombenza reciproca o se non sussistono altre gravi ed eccezionali ragioni.