Introdurre maggiori e più stringenti vincoli alla custodia cautelare in carcere. Questo è stato il leitmotiv della discussione tenutasi l'altroieri in Parlamento intorno alla riforma "carceri", che - approvata in terza lettura dalla Camera - torna adesso ai Senatori per l'approvazione di alcune piccole correzioni.  

L'intento principale è quello di abbattere il numero dei detenuti in attesa di giudizio - ad oggi poco meno di 19.000 su un totale di circa 54.000 carcerati; ma, come sottolineato da Anna Rossomando (Pd) - relatrice del provvedimento, la riforma mira anche restituire alla custodia carceraria la sua originaria funzione cautelare, scollegandola dall'idea - ormai fortemente radicata nell'opinione comune - che essa costituisca una sorta di anticipo di pena. A questo scopo, i principali strumenti di cui intende avvalersi tale legge saranno: obbligo di valutazione approfondita circa la sussistenza delle esigenze cautelari, con un deciso favor verso la scelta di misure extracarcerarie; norme più incisive sull'obbligo di motivazione da parte il giudice; riforma dei procedimenti di riesame e di appello; potenziamento delle misure interdittive. 

Accennando brevemente ai punti di maggiore impatto della riforma, si sa ad esempio che: l'elemento del pericolo di fuga o di ripetizione del reato dovrà essere oltre che concreto (come è adesso) anche attuale per poter giustificare l'adozione di una misura carceraria, e che la valutazione del singolo caso dovrà estendersi anche ai comportamenti - precedenti penali e non solo - e alla personalità del soggetto.


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