di Marina Crisafi - È prevista per domani la decisione della Corte Costituzionale sull'ammissibilità del referendum per l'abrogazione della riforma delle pensioni (la nota legge Fornero del 2011), proposto dalla Lega Nord.
Dopo la raccolta delle 500mila firme necessarie per sottoporre il quesito, la Consulta dovrà decidere, infatti, sulla legittimità dell'abolizione richiesta da Salvini & Co. ma in realtà desiderata dalla maggior parte degli italiani.
A più di tre anni dalle famose "lacrime" dell'allora ministro del lavoro, Elsa Fornero, chiamata dal premier Monti a spiegare in televisione la riforma delle pensioni, il sistema previdenziale è stato un susseguirsi di correttivi e di norme per cercare di "tamponare" gli effetti derivati dalla l. n. 214/2011 (di conversione del d.l. n. 201/2011).
Approvata in un clima di emergenza nazionale, nel periodo che ha dato il via alla congiuntura negativa e alla crisi economica del Paese, la riforma ha segnato, tra le altre cose, il cambio del metodo di calcolo del sistema pensionistico, introducendo il contributivo per tutti, l'innalzamento (ulteriore) dell'età del pensionamento e l'"inasprimento" dei requisiti minimi per l'accesso all'assegno previdenziale, generando, di fatto, un esercito di esodati destinati ad aumentare.
Da qui la spinta ad approvare tutta una serie di correttivi, da ultimo con la legge di stabilità 2015, la quale, oltre a mettere un tetto alle pensioni d'oro e a modificare i tempi per l'erogazione dell'assegno mensile ai titolari di più prestazioni a carico dell'Inps, ha "depenalizzato" il pensionamento anticipato fino al 2017 per coloro che hanno maturato il requisito contributivo pieno.
Ma la necessità di una nuova riforma organica del settore, che alla fine, dopo i vari annunci, non ha trovato spazio nella legge di stabilità, non può più essere rinviata.
E mentre il governo esamina le diverse proposte, la decisione sul referendum potrebbe avere un effetto dirompente.
È chiaro, infatti, che la scelta positiva della Consulta sulla proposta, andrebbe ad influenzare il risultato dello stesso referendum, e l'eventuale abrogazione della riforma Fornero provocherebbe un vero e proprio ciclone nel welfare italiano, riportando indietro la lancetta dell'orologio di tre anni e permettendo ad una moltitudine di lavoratori, che, di colpo, si ritroverebbero ad avere i requisiti, di andare in pensione, con ovvi e notevoli costi per le casse dello Stato.
Proprio per questi motivi, le voci danno per scontata una bocciatura da parte del giudice delle leggi al fine di preservare il già instabile sistema di welfare italiano.
Ma il successo della raccolta delle firme per il referendum, oltre agli altri, diversi, "segnali" di insofferenza degli italiani contro una riforma ritenuta iniqua e rigida, non potrà certo passare inosservato.
Ai giudici, dunque, l'ardua sentenza.