di Marina Crisafi - Dopo il lungo periodo di stallo in commissione, le infinite querelle, le proposte e gli emendamenti, alla fine il Governo ha portato a casa il primo importante sì del Senato al disegno di legge sulla corruzione.
Con 165 voti favorevoli (74 contrari e 13 astenuti), il testo unificato dei ddl n. 19 e connessi è stato licenziato oggi da palazzo Madama con il nuovo titolo "Disposizioni in materia di delitti contro la P.A., associazioni di tipo mafioso e falso in bilancio".
A passare, seppure con una maggioranza molto "risicata" (solo tre voti di scarto) è anche il discusso art. 8 che ripristina il reato di falso in bilancio. Rimane fuori, invece, la proposta del M5S di introdurre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per chi commette reati di corruzione.
Così tra le polemiche dell'opposizione sui "pianisti" e la soddisfazione del premier che twitta "la volta buona", ora il provvedimento traghetta direttamente a Montecitorio per l'esame della Camera.
Ecco le principali novità:
- Il reato di falso in bilancio
Approvato sul fil di lana (124 sì a scrutinio segreto su una maggioranza di 121), l'art. 8 del ddl ripristina, dopo anni di depenalizzazione, il reato di falso in bilancio. Per le società normali (non quotate) le pene saranno da uno a cinque anni di reclusione, mentre per chi altera un bilancio in una società quotata gli anni di reclusione salgono dai 3 agli 8 (ex art. 10 ddl). Si rischiano da sei mesi a tre anni (per l'art. 9), se i fatti sono di lieve entità, "tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta".
Il ddl rimodula anche le sanzioni pecuniarie per le società che hanno avuto interesse o che hanno tratto vantaggi dal reato, con multe fino a 400 quote per le società non quotate e fino a 600 per le quotate. Sanzioni non indifferenti, se si pensa che ogni quota va da un minimo di 258 a un massimo di 1.549 euro.
- Patteggiamento previa restituzione del "maltolto" e riparazione pecuniaria
Patteggiamento e condizionale nei giudizi per i delitti contro la P.A. saranno subordinati all'integrale restituzione del "maltolto", ovvero del prezzo o del profitto del reato.
Confermato inoltre l'art. 3 che sancisce la riparazione pecuniaria: in caso di condanna per reati contro la P.A., il funzionario corrotto dovrà restituire allo Stato una somma pari a quella della "mazzetta" percepita.
- Stretta su associazione mafiosa e corruzione
Aumentate le pene per l'associazione mafiosa che, a seguito dell'approvazione dell'art. 4, arrivano fino a 26 anni di carcere.
Aggravate anche le pene massime per i reati di "corruzione propria", che vanno dagli 8 ai 10 anni (mentre le minime salgono da 4 a 6 anni), e "impropria" (corruzione per l'esercizio della funzione), che salgono da uno a sei anni (in luogo dei 5 attuali).
A fini di organicità, inoltre, stabiliti aumenti di pena per la corruzione in atti giudiziari che andrà dai 6 ai 12 anni di carcere (al posto dei 4-10 attuali).
In linea con l'inasprimento generale, "ritoccate" anche le sanzioni sul peculato con pena massima edittale di 10 anni e sei mesi e sull'induzione indebita, la cui "forbice" non andrà più dai 3 agli 8 anni ma da 6 a 10 anni e mezzo.
- Obbligo di informazione dell'Anac
Diventa obbligatoria l'informativa all'Autorità Nazionale Anticorruzione sui delitti contro la P.A.
Il pm che esercita l'azione penale per uno dei delitti che riguardano la pubblica amministrazione avrà dunque l'obbligo, ex art. 6 del ddl, di informare il presidente dell'Anac.
- Sconti per chi collabora con la giustizia
Confermati, infine, gli "sconti" per coloro che hanno deciso di collaborare con la giustizia al fine: di evitare che il reato sia portato a conseguenze peggiori; di assicurare le prove; di individuare altri responsabili; di sequestro dei proventi o delle altre utilità derivanti dal reato.
Tali soggetti fruiranno di una diminuzione di pena da un terzo fino alla metà.
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