di Marina Crisafi - Dopo il via libera della Camera, avvenuto ieri con 244 voti a favore, 14 contrari e 50 astenuti, l'introduzione del reato di tortura nell'ordinamento penale italiano è ormai al rush finale. Manca, infatti, solo l'ultima parola del Senato, viste le modifiche apportate dalla Commissione Giustizia di Montecitorio.
Un sì atteso, dopo la clamorosa sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l'Italia per i fatti della Diaz durante il G8 (leggi: "G8 Genova: 14 anni dopo, la Corte Europea condanna l'Italia per le "torture' ai manifestanti"), ma accompagnato da mille polemiche, soprattutto in ordine all'accantonamento dell'emendamento che prevedeva che il reato potesse scattare a prescindere dalla custodia o vigilanza. Un accantonamento che, per l'opposizione (M5S su tutti) rende la legge inutile, escludendo di fatto che casi proprio come quello della Diaz possano essere puniti in base alla fattispecie di tortura, ma che, per la maggioranza, non limitano affatto la casistica.
Ecco i punti chiave del ddl licenziato dalla Camera che ora "traghetta" a Palazzo Madama per diventare legge dello Stato:
- Il reato di tortura
Il ddl introduce nel codice penale il nuovo art. 613-bis disciplinante il reato di tortura. Un reato comune e di evento che punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenza o minaccia, o con violazione degli obblighi di protezione, cura o assistenza, cagioni "intenzionalmente ad una persona a lui affidata o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche", a causa dell'etnia, dell'orientamento sessuale, delle opinioni politiche o religiose al fine di ottenere (dalla vittima o da un terzo), informazioni, infliggere punizioni o vincere una resistenza.
Prevista poi l'aggravante "speciale" della pena tra i 5 e i 12 anni, se il reato è commesso da pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio;
- Istigazione alla tortura
Il nuovo art. 613-ter c.p. introduce invece il reato proprio di istigazione a commettere tortura, commesso da un pubblico ufficiale o dall'incarico di un pubblico servizio, nei confronti di altro p.u. o incarico di p.u.
Le pene, da 6 mesi a 3 anni, scattano soltanto per la condotta di istigazione, a prescindere dalla commissione effettiva del reato, salvo che il fatto non ricada nelle ipotesi previste dall'art. 414 c.p.;
- Prescrizione e aspetti procedurali
Vengono raddoppiati i termini di prescrizione per il reato di tortura
e viene introdotto un comma 2-bis all'art. 191 c.p.p. secondo il quale le dichiarazioni ottenute attraverso il delitto di tortura non possono essere utilizzate in un processo penale, salvo che le stesse non vengano usate contro l'autore del fatto e al solo scopo di provarne la responsabilità per i fatti commessi;
- Vietata espulsione immigrati a rischio tortura
La riforma interviene anche sul testo unico dell'immigrazione, introducendo il divieto di espulsioni, respingimenti ed estradizioni per gli stranieri, quando ci sono fondati motivi per ritenere che nei rispettivi paesi di provenienza (tenendo conto anche delle eventuali violazioni dei diritti umani perpetrate nei singoli luoghi) gli stessi possano essere sottoposti a tortura;
- Esclusa l'immunità diplomatica
Il ddl introduce anche un limite alle immunità diplomatiche escludendo che la stessa possa essere goduta dai soggetti (capi di Stato stranieri, personale diplomatico-consolare, ecc.) indagati o condannati nei rispettivi paesi d'origine in relazione a reati di tortura, sia da tribunali nazionali che da corti internazionali. Previsto, inoltre, l'obbligo di estradizione verso il paese richiedente dello straniero indagato o condannato per tortura.
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