di Marina Crisafi - Quasi la metà degli avvocati ha un guadagno annuale al di sotto dei 15 mila euro e solo 1 su 3 è pagato puntualmente. È questo il risultato della ricerca "Vita da professionisti" condotta dall'Associazione Bruno Trentin con il contributo e il supporto della Consulta delle Professioni e della Filcams Cgil e presentata nei giorni scorsi a Roma.
Ma in questa condizione, gli avvocati non sono soli.
Condividono con loro il "mal comune" (che non sempre equivale al "mezzo gaudio") anche gli ingegneri, gli architetti e in generale il popolo delle partite Iva.
L'indagine, infatti, è rivolta all'intera categoria dei professionisti non dipendenti, operanti in qualsiasi settore come autonomi o con forme contrattuali discontinue e precarie, con lo scopo di spingere la riflessione verso la definizione di un nuovo statuto dei diritti dei lavoratori (caldeggiato nelle ultime settimane dal segretario generale della CGIL Susanna Camusso), nonché quale strumento teso ad evidenziare i necessari interventi politici soprattutto sul versante del sistema previdenziale e del regime agevolato per i redditi bassi per far fronte alle difficoltà in cui versano i professionisti oggi.
Proprio tali difficoltà rappresentano la premessa stessa dello studio che sottolinea come se in passato far parte dei c.d. "lavoratori della conoscenza" era garanzia di benessere, la crisi non ha risparmiato neanche loro, diminuendo sensibilmente il numero dei professionisti autonomi (oggi pari, secondo i dati Istat, a quasi 3 milioni e mezzo che, nel loro insieme, tra professioni ordinistiche e non, contribuiscono a circa il 18% del Pil).
Dalle oltre duemila interviste realizzate online, cui hanno partecipato, su base volontaria, avvocati, ingegneri, architetti e partite Iva, è emerso che il 47,5% dei professionisti percepisce fino a 15mila euro all'anno e oltre il 60% (due su tre) ha difficoltà ad arrivare a fine mese, mentre solo il 21,7% può vantare redditi oltre i 30mila euro.
Tuttavia, dai controlli è risultato come i redditi più elevati siano percepiti da chi lavora più ore: infatti il 44,5% del campione intervistato va oltre le 40 ore settimanali, dimostrando che "il benessere economico è legato imprescindibilmente allo sfruttamento o all'auto-sfruttamento".
A percepire i redditi più alti, secondo quanto emerge dallo studio, considerando come base un importo superiore ai 25mila euro lordi, sono i professionisti dei settori: banca, assicurazione e finanza (54,2%); consulenza e servizi per le aziende (52,8%); salute e sicurezza sul lavoro (66,2%); servizi commerciali (58,8%) e commercialistico e consulenza tributaria (50%).
Sono, invece, a rischio "povertà estrema", considerando redditi inferiori a 5mila euro lordi annuali, le tipologie di professionisti operanti nei seguenti segmenti: cultura e spettacolo (23,7%); informazione ed editoria (25%); tecnico-scientifico (20%) e archivistico-bibliotecario (27,3%).
Ad aggiungersi alle problematiche reddituali, sono anche i ritardi nei pagamenti: solo un professionista su tre (29,5%), infatti, è pagato con puntualità, mentre il 19,% sconta ritardi dai 3 ai 6 mesi, e quasi il 17% superiori a 6 mesi, anche da parte dei committenti pubblici (ben il 20,7%), mentre quasi il 7% dichiara di non essere mai stato pagato per le prestazioni svolte.
Altro aspetto messo in luce dallo studio rappresenta la discontinuità dell'occupazione: relativamente al 2013 circa il 16,5% del campione ha dichiarato di essere stato disoccupato per due mesi, quasi il 21% da tre a sei mesi e l'11,8% da sette mesi a un anno. Ad essere più esposti, sono i professionisti con contratti di parasubordinazione, di inserimento al lavoro e le partite Iva a regime minimo.
Nonostante tutto, però, solo il 15% degli intervistati sogna il "posto fisso", mentre la maggior parte va "fiera" del proprio lavoro, ritenendolo coerente al proprio percorso (84%), per nulla ripetitivo e noioso (80%) e vuole continuare a svolgerlo.
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