L'Antitrust ha finalmente preso posizione circa il recente e dibattuto tema riguardante l'uso dei social network da parte degli avvocati per diffondere informazioni professionali sul proprio studio legale.
Con la decisione n. 25487, pubblicata il 15 giugno 2015, è stato ufficialmente dichiarato illegittimo il contenuto dell'art. 35 del Codice Deontologico Forense.
La norma introdotta dal CNF (Consiglio Nazionale Forense) consentiva, quale unico veicolo informativo a disposizione dell'avvocato, il sito web con dominio proprio senza reindirizzamento, quindi un portale riconducibile dirittamente a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati a cui si partecipa.
La disposizione precisava, inoltre, che il sito non avrebbe potuto contenere ulteriori riferimenti commerciali o pubblicitari, sia in maniera diretta che tramite strumenti di collegamento interni o esterni.
La disciplina aveva sollevato numerosi dubbi e criticità, stante l'evoluzione che ha riguardato anche la professione forense nell'era del web 2.0, dove la creazione di pagine su celebri social (quali ad esempio Facebook, Linkedin o Google+) diviene veicolo informativo per eccellenza.
Limitare l'accesso all'agorà del nuovo millennio avrebbe difatti determinato una violazione dei principi della libera concorrenza.
Via libera dunque ai profili Linkedin, il social dedicato alla diffusione e all'instaurazione di contatti professionali, che conta oltre 200 milioni di iscritti in tutto il mondo e permette di instaurare facilmente un network professionale a tutto campo.
Un canale ormai necessario per creare contatti, promuovere la propria attività professionale ed accrescere la reputazione del professionista, mettendo in luce le competenze specifiche rendendo ancor più semplice i contatti con i clienti.
Lo steso vale per Facebook, dove le informazioni si diffondono a velocità disarmante in una community che coniuga il network professionale con le relazioni interpersonali.
La possibilità di creare una pagina dedicata al proprio studio e alla propria attività (una vera e propria vetrina aziendale) permette di mettersi potenzialmente in contatto con 26 milioni di utenti iscritti soltanto in Italia.
Il CNF, condannato dall'Antitrust, dovrà quindi provvedere ad eliminare la condotta anti concorrenziale, prendendo atto della rinnovata realtà nella quale i professionisti si trovano a rapportarsi quotidianamente, dove la presenza delle nuove tecnologie è massiccia ed economicamente determinante.
Bollettino del 15 giugno 2015 (la decisione in esame è alla pagina 7)