L'indice di povertà si stabilizza ma il 6,8% della popolazione non sbarca il lunario e quasi 8 milioni sono poveri "relativi"

di Marina Crisafi - L'indice di povertà dopo un biennio ha smesso di crescere. E questa è la buona notizia, ma le soglie sulle quali si è fermato non sono certo da Paese civile: ammontano, infatti, a oltre 4 milioni gli italiani in condizioni di povertà assoluta (6,8% della popolazione) e a quasi 8 milioni quelli che vivono in una situazione di povertà relativa. A rilevarlo è l'Istat nella consueta indagine annuale sulla spesa delle famiglie per l'acquisto dei beni e dei servizi indispensabili per vivere in una determinata area del territorio nazionale. E la situazione cambia di zona in zona. Si sta peggio al Sud, dove la percentuale dei poveri assoluti sale all'8,6% e meglio al Centro (4,8%) e al Nord (4,2%). Quanto alle differenze di genere, dei 4 milioni di poveri, più della metà sono donne (6,6,%) e quasi 900mila hanno un'età compresa tra i 18 e i 34 anni (8,1%), mentre è minore l'incidenza per gli anziani (590mila pari al 4,5%). La povertà, inoltre, secondo l'istituto di statistica, scende con l'aumentare del titolo di studio e in base alla professione: ad essere meno povere, infatti, sarebbero le famiglie con membri diplomati (3,2%) rispetto a chi ha solo la licenza elementare (8,4%) e i nuclei formati da liberi professionisti e imprenditori (meno del 2%). Situazione leggermente migliore anche per le coppie con figli (con un'incidenza del 5,9%) e con a capo un membro tra i 45 e i 54 anni (-1,4%).

Questo per quanto riguarda la povertà assoluta.

Ma il dato risulta stabile anche per i poveri relativi che, nel 2014, ammontano a 2 milioni e 600mila famiglie (10,3%) pari a 7 milioni e 815mila persone (12,9%). Anche in questo caso si tratta di soggetti che non raggiungono la spesa media pro-capite per i beni e i servizi necessari e la situazione rispecchia quella della povertà assoluta, con una incidenza maggiore nel Mezzogiorno rispetto al Centro e al Nord Italia.

Dati, in definitiva, non certo confortanti, che se mostrano da un lato che il peggio è passato, arrivando ad una percentuale non in salita, è anche vero che non denotano alcun miglioramento. Da qui, il grido unanime delle associazioni

dei consumatori, che parlano di cifre da "Terzo mondo", vergognose per un Paese civile e la proposta dell'Unione dei Consumatori, come riportato dal Corriere della Sera, di estendere il bonus di 80 euro "anche agli incapienti o di valutare un reddito minimo garantito per questi poveri".


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