di Marina Crisafi - Si è conclusa poco fa la lunga maratona iniziata nelle settimane scorse a Palazzo Madama per l'approvazione del disegno di legge di riforma della Costituzione repubblicana. Con 178 sì, 17 no e 7 astensioni, dopo infinite polemiche e dissensi, il Senato ha dato il via libera alla sua stessa trasformazione che segnerà il tramonto del bicameralismo perfetto inaugurato nel 1948.
Il nuovo sistema sconvolgerà letteralmente gli equilibri di oltre 60 di storia repubblicana, facendo perdere al Senato sia una buona parte dei suoi membri (che da 315 passeranno a 100) che i poteri legislativi e facendo assurgere la Camera dei Deputati a vero e unico fulcro del sistema politico italiano.
Tuttavia, al placet definitivo della riforma mancano ancora un paio di ostacoli: il primo, quello dell'ultimo sì della Camera dove il testo è traghettato per l'esame definitivo, ma soprattutto, il secondo che, dato il mancato raggiungimento della maggioranza dei due terzi necessaria per l'approvazione, affida al popolo l'indispensabile compito di esprimersi, a favore o contro, con l'apposito referendum del 2016.
Ecco, in pillole, le principali novità della riforma:
Il nuovo Senato dei 100
Anche se continuerà a chiamarsi "della Repubblica", il Senato cambierà notevolmente il suo volto.
Sarà composto infatti da 100 membri, di cui 95 eletti dai Consigli regionali, con metodo proporzionale tra i propri componenti (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori ripartiti tra le Regioni in base al peso demografico) e 5 nominati dal Capo dello Stato (tra coloro che si sono distinti per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario) che resteranno in carica per 7 anni e non potranno essere rinominati.
I senatori godranno comunque delle medesime tutele dei deputati, ivi compresa l'immunità parlamentare e l'impossibilità di essere arrestati o sottoposti a intercettazioni senza la previa autorizzazione del Senato.
Legittimazione popolare
La novità introdotta in corsa su richiesta della minoranza Pd prevede che siano i cittadini, in sede di elezione dei Consigli regionali ad indicare quali consiglieri potranno essere nominati anche senatori.
Una volta insediati, i consigli saranno tenuti a rispettare la scelta popolare.
Fine del bicameralismo perfetto
Con la riforma si dirà addio al bicameralismo perfetto, visto che cambierà anche la competenza legislativa delle due camere.
Competenza che per il nuovo Senato dei 100 sarà "piena" solo sulle riforme e le leggi costituzionali, mentre per le leggi ordinarie avrà solo la possibilità di chiedere alla Camera di modificarle, ma Montecitorio potrà anche non dar seguito alla richiesta. Laddove la richiesta di modifica riguardi il rapporto tra stato e regioni la camera potrà respingere la richiesta ma soltanto a maggioranza assoluta.
La Camera, dal canto suo, vede invariato il numero dei deputati a 630 e l'elezione a suffragio universale, assurgendo ad unica assemblea legislativa con il compito di votare la fiducia al governo.
La Camera dei deputati, inoltre, potrà approvare leggi di competenza delle Regioni, quando ciò sia richiesto a tutela "dell'unità giuridica o economica della Repubblica" o dell'interesse nazionale, e saranno riportate in capo allo Stato talune competenze (energia, infrastrutture strategiche, protezione civile).
I regolamenti parlamentari, infine, dovranno indicare un tempo certo per il voto dei disegni di legge del governo e verranno introdotti ulteriori limiti ai decreti legge.
Elezione del presidente della Repubblica
Il capo dello Stato sarà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori, ma senza più i rappresentanti delle Regioni, visto che tali saranno i senatori stessi.
Quanto alla procedura, occorreranno i due terzi dei componenti per i primi tre scrutini, mentre dal quarto al settimo saranno sufficienti i tre quinti dei componenti e dal settimo in poi il quorum scenderà a tre quinti dei votanti.
Corte Costituzionale
Dei quindici giudici della Corte Costituzionale, cinque saranno eletti dal Parlamento (tre dalla Camera e due dal Senato).
Verrà introdotto anche, su richiesta di un quarto dei componenti della Camera, il ricorso preventivo alla Consulta sulle leggi elettorali.
Prevista, tra le norme transitorie, altresì, la possibilità di tale ricorso già nella presente legislatura, per cui anche la recente "Italicum" potrebbe finire all'esame dei giudici costituzionali.
Istituti di democrazia diretta
Per i referendum saranno necessarie 800mila firme in luogo delle attuali 500mila, ma verrà ridotto il quorum per la sua validità, essendo sufficiente il voto della metà degli elettori delle ultime elezioni politiche anziché la metà degli iscritti alle liste elettorali.
Sulle iniziative legislative popolari, le firme necessarie per presentare un ddl passeranno da 50mila a 150mila. In compenso, però, nei regolamenti parlamentari, si dovranno indicare i tempi certi dell'esame, ad oggi invece rimessi alla discrezionalità delle Camere.
Abrogazioni
Al fine della loro definitiva abrogazione, le province saranno cancellate dalla Carta costituzionale.
Analogamente, si dovrà agire per abrogare il Consiglio Nazionale per l'Economia e il Lavoro (Cnel), organo costituzionale sin dal 1948.