Senza dimenticare le piccole riforme che la hanno interessata nel corso degli anni, il "vecchio" regio decreto del 16 marzo 1942 non ha mai subito cambiamenti così radicali come quelli ormai imminenti.
Nella serata di mercoledì 10 febbraio, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza.
Se le innovazioni rimarranno quelle che si prospettano, come elaborate dalla commissione presieduta dal primo presidente aggiunto della Corte di cassazione Rodorf e su proposta del Ministro della giustizia Orlando, la disciplina della legge fallimentare subirà cambiamenti davvero significativi.
Vediamo, in breve, le novità.
Il fallito non sarà più fallito
La prima grande innovazione è di stampo meramente lessicale. Anche per lasciarsi alle spalle gli spiacevoli pregiudizi negativi che il termine porta purtroppo con sé, seguendo la strada già segnata da altro paesi europei non si parlerà più di fallimento ma di insolvenza.
Spariscono tutti i derivati del termine e con essi, si spera, il discredito sociale che rischiavano di cagionare ad impresa e imprenditore.
Allerta e composizione assistita della crisi
Venendo agli aspetti pratici, uno dei punti cardine della proposta di "svecchiamento" della legge fallimentare va rinvenuto nell'idea di incoraggiare la presa di coscienza adeguatamente anticipata della crisi, mettendo da parte le remore degli imprenditori ad ammettere che c'è qualcosa che non va.
Come? Con l'introduzione di procedure di allerta e mediazione, attribuite a organismi non giudiziali, che permettano di arginare i danni che potrebbero conseguire a una tolleranza eccessivamente protratta della situazione di crisi.
Per incentivare il ricorso a tali procedure, il disegno di legge ne preserva la confidenzialità.
In particolare è interessante il fatto che con la riforma si affida ai sindaci e ai revisori il compito di avvisare immediatamente gli organi di amministrazione del riscontro di indici sintomatici di una crisi.
Allo stesso modo, i creditori qualificati sono chiamati a segnalare la sussistenza, protratta nel tempo, di debiti di importo rilevante nei loro confronti.
La nuova crisi dei gruppi di impresa
Altra rilevante novità contenuta nel testo approvato mercoledì è quella relativa alla crisi dei gruppi di impresa: per la prima volta, infatti, si prende ufficialmente atto dell'esigenza che essa venga espressamente regolamentata.
A tal proposito il d.d.l. dà una definizione di gruppo di impresa, modellata sulle norme del codice civile contenute negli articoli 1947 e 2545-bis, e pone l'obiettivo dello svolgimento di una procedura unitaria, con un unico tribunale competente.
Non solo: anche per l'omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti e per l'ammissione al concordato preventivo dovrà darsi la possibilità di presentare un unico ricorso per tutte le imprese del gruppo che siano in crisi o insolventi.
In ogni caso, in capo alle imprese del gruppo è previsto l'obbligo di depositare il bilancio consolidato e altre specifiche dichiarazioni che rendano chiari i legami partecipativi esistenti.
Competenza e specializzazione dei magistrati
Il disegno di legge è particolarmente attento alla fase giudiziale. In esso si prevede, infatti, che ai tribunali delle imprese siano dirottate le procedure concorsuali di maggiore dimensione, mentre quelle di sovraindebitamento resterebbero nella sfera di competenza dei tribunali ordinari.
Specifiche disposizioni, in ogni caso, dovrebbero garantire che i magistrati chiamati ad occuparsi delle procedure concorsuali abbiano il giusto grado di specializzazione.
Esdebitazione
Il disegno di legge delega interviene anche sulla disciplina dell'esdebitazione, prevedendo per i debitori che abbiano collaborato con gli organi della procedura la possibilità di presentare domanda subito dopo che essa si sia chiusa e, comunque, dopo tre anni dall'apertura della stessa.
Restano esclusi, ovviamente, i casi di frode e malafede.
Per le insolvenze minori, poi, sono previste delle ipotesi specifiche in cui l'esdebitazione opera di diritto, che prescindono, quindi, da un provvedimento giudiziale.
Il concordato
Venendo, invece, al concordato, esso viene limitato alle ipotesi in cui la crisi o l'insolvenza sia reversibile e l'istituto preveda comunque la prosecuzione diretta o indiretta dell'attività aziendale. Insomma, alle ipotesi di concordato in continuità.
Dovrebbe invece sparire il concordato finalizzato alla liquidazione di impresa, tranne nei casi in cui esso di caratterizzi per gli apporti di soggetti terzi che potrebbero permettere una sensibilmente maggiore soddisfazione delle ragioni creditorie.
Gli accordi di ristrutturazione
Si prevede l'utilizzo della procedura speciale di accordo con gli intermediari finanziari, introdotta dal d.l. n. 83/2015, anche con riferimento a creditori che non siano finanziari, purché sia comunque garantito il pagamento integrale degli altri creditori e purché essi siano portatori di interessi omogenei.
Il nuovo sistema di vendita dei beni
Del tutto innovativa è, infine, la previsione di un sistema di vendita dei beni ispirato a quello definito "common", in cui tutti i beni in vendita nelle procedure concorsuali confluiscano in un mercato telematico unificato a livello nazionale. I beni potrebbero quindi essere acquistati su tale mercato con denaro ma anche appositi titoli, mentre quelli rimasti invenduti andrebbero a finire in un apposito fondo.