Secondo l'Antitrust si tratterebbe di una violazione della libera concorrenza, peraltro fatta in inosservanza di un vecchio provvedimento già emanato dall'autorità.
Più precisamente, mentre per il CNF farsi pubblicità in tal modo rappresenterebbe un'estrinsecazione dell'accaparramento di clienti, per l'Antitrust impedirne l'utilizzo è violazione dell'articolo 101 del TFUE. Violazione, come accennato, già accertata con riferimento al precedente parere numero 48/2012 del Consiglio e, con la delibera interpretativa in contestazione del 23 ottobre 2015, solo perpetuata.
L'autorità, insomma, ha ritenuto che la posizione assunta dal Consiglio Nazionale Forense impedisce agli avvocati di avvalersi di uno strumento importante per la diffusione di informazioni circa la propria attività e per la pubblicità e, ostacolando in tal modo la libera concorrenza, danneggia anche i consumatori.
Il comportamento del CNF, non ascrivibile a cause oggettive e limitativo di un canale promozionale e informativo importante per i professionisti, è oltretutto di una gravità tale da meritare, per l'Antitrust, una sanzione che non può limitarsi al livello minimo ma deve corrispondere al limite edittale.
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