Segnaliamo questa Sentenza della Sezione Lazio della Corte dei Conti sia per la particolare vicenda umana (che interesserà i nostri sempre attenti lettori... in internet) sia per il rigore giuridico e lo scrupolo di ricerca della giustizia che la caratterizza. Il Sig. B., assunto alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione nel 1964 (a soli 19 anni), fu "comandato" presso la Corte dei Conti nel 1973 quale meccanografo e terminalista - con mansioni di operatore di computer - presso il Servizio Trasmissione Dati della Corte stessa, ove rimane sino alla morte (intervenuta nel 1983, a soli 38 anni) per "istiocitosi maligna", una neoplasia al torace curata senza successo per poco più di un anno. In base ad una legge del 1971, la Corte dei Conti si trovò costretta a trasformare, nel più breve tempo possibile, l'archivio cartaceo di oltre 300.000 ricorsi pendenti (!) in archivio elettronico, con memorizzazione di tutti i dati relativi ad ogni singolo ricorrente e ad ogni provvedimento impugnato. Un lavoro immenso, per cui mancava il personale e sopratutto il personale specializzato. Oltretutto, data l'epoca (1973), si era agli albori dell'informatica nella Pubblica Amministrazione e, appunto per questo, per la sua specifica competenza, il B. fu "comandato" presso la Corte dei Conti. Il lavoro andò avanti per lunghi anni in ambienti (sotterranei) disagiati, con i computers dell'epoca (con tubi catodici ad alta emissione di radiazioni e privi di schermi protettivi) ed il B. ci si dedicò anche nelle ore straordinarie, sino al limite massimo fissato per legge! La diagnosi della malattia avvenne tardivamente perché il B., preso degli impegni di lavoro, aveva trascurato i primi sintomi, non aveva consultato alcun medico ed aveva continuato a lavorare per ben otto mesi, continuando a peggiorare. Ricoverato in Ospedale, operato al torace, trattato poi con un ciclo di radioterapia, non ci fu nulla da fare ed il B. morì, come abbiamo detto, a soli 38 anni! La vedova chiese il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della neoplasia maligna che determinò il decesso del coniuge. La Commissione Medica Ospedaliera e lo stesso Ministero avevano espresso favorevole, ma il C.P.P.O. dette parere totalmente negativo ed il Ministero si uniformò, respingendo la domanda. Presentato ricorso alla Corte dei Conti, l'avvocato della vedova aveva prodotto una perizia medico legale ed articolato la difesa su due punti fondamentali: la riduzione delle difese immunitarie a causa dello stress sul lavoro (eccessiva responsabilità, ritmi lavorativi incongrui, sovraccarico di lavoro da eseguire in un arco di tempo strettamente prestabilito, ecc. ecc.) ed esposizione prolungata del torace alla macchina video terminale. Da notare, tra l'altro, che il B. non era fumatore: cosa, all'epoca, più rara di oggi! L'istruttoria della causa, disposta dai giudici della Corte dei Conti, fu particolarmente accurata, ma molto travagliata sia perché negli uffici amministrativi della Corte stessa addirittura non si trovava più la documentazione del servizio prestato dal povero B. (!) - che, ricordiamo, era stato "comandato" dal Ministero da cui dipendeva - sia perchè l'Ufficio Medico Legale del Ministero della Sanità prima, ed il Collegio Medico Legale poi, avevano espresso parere negativo sulla dipendenza di servizio, sia pure con diverse e contrastanti motivazioni. In sostanza, comunque, entrambi i C.T.U. negavano qualsiasi influenza sulla insorgenza del tumore dell'intenso stress lavorativo e della attività di operatore al computer, prolungatisi per anni ed anni: la neoplasia era venuta perché... doveva venire! La difesa della ricorrente, però, è detto nella Sentenza,: "ha evidenziato, da un lato, l'esistenza di valida documentazione probatoria circa le mansioni espletate dal B. - caratterizzate da ritmi gravosi e svolte dall'interessato con il massimo impegno, con straordinario sino al massimo delle ore consentite e fino a trascurare la propria salute - e, dall'altro, ha messo in rilievo il ruolo rivestito dallo stress nel funzionamento del sistema immunitario, allegando, in proposito, uno studio del dott. Vincenzo Bottari dell'Ospedale San Camillo di Roma dal titolo "Il cammino psico-immunologico dello stress", unitamente ad una raccolta scientifica su stress e cancro del 19/2/1996, nonchè copia del parere reso recentemente dal Collegio Medico Legale del Ministero della Difesa, per altro giudizio, ma sempre in tema di neoplasie; ha inoltre prodotto copia di una sentenza di questa Corte, che ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio del morbo di Hodgkin di un soggetto addetto a un Centro Elaborazione Dati, evidenziando che anche in quel caso erano stati interpellati sia l'U.M.L. del Ministero della Salute che il C.M.L., Sezione Speciale presso questa Corte, che si erano espressi in senso negativo: in tale pronuncia il Giudice ha rilevato che l'essere impiegato nella conduzione di terminali comporta una attività lavorativa da svolgere "in un locale condizionato a temperatura e umidità costanti, con sicura esposizione a condizioni favorevoli al contagio di infezioni aerodiffuse ed a campi magnetici ad alta frequenza generati dalle apparecchiature elettriche. Studi sperimentali condotti sulla interazione tra campi elettromagnetici (CEM) ad alta frequenza ed organismi viventi hanno scoperto processi biologici riconducibili ad effetti cancerogeni, nonché la possibilità dei CEM di favorire una crescita dei radicali liberi e degli ossidanti cellulari e di ridurre la melatonina, con danni indiretti sul DNA cellulare". Ha osservato conclusivamente il difensore che all'epoca di riferimento i computers non avevano certo le sicurezze (schermi protettivi e schermi al plasma, privi cioé del tubo catodico, monitor a bassa emissione di radiazioni, ecc.) di cui sono dotati oggi." Chiamato definitivamente a decidere, il Giudice della Corte dei Conti ha ricostruito minuziosamente tutta la vicenda e riesaminato tutta la documentazione versata in atti e, rilevate le carenze e le contraddizioni dei pareri dell'U.M.L. e del C.M.L., ha osservato che: "è da rilevare che l'entità dell'attività lavorativa prestata dal B. è risultata di carattere sicuramente impegnativo e fuori del comune, sia per la quantià di ore straordinarie che lo stesso aveva accumulato, sia per i giudizi concordemente positivi espressi nei rapporti informativi allegati. L'attività di terminalista addetto ad un particolare sistema (Audit) fa inoltre desumere che l'interessato lavorava molte ore al giorno su apparecchiature elettroniche, in locali verosimilmente poco areati o con condizionatore, esposto, quindi, a contagio di infezioni aerodiffuse e a campi magnetici (come osservato, in analoga fattispecie, nella giurisprudenza citata dalla difesa). A detta attività, dunque, non può non riconoscersi un importante grado di caratterizzazione stressante prolungata nel tempo." Infine, dopo altri puntuali rilievi (la sentenza è allegata sul sito), ha concluso che: "può riconoscersi, nel servizio prestato dal dante causa della ricorrente, quell'insieme di condizioni (rischio specifico e stress prolungato) che possono verosimilmente avere, da un lato, determinato l'insorgenza della istiocitosi mediastinica maligna e, dall'altro, l'insufficienza del sistema immunitario a combattere la proliferazione cellulare illimitata successiva a detta insorgenza, sulla base delle ipotesi scientifiche riportate nella relazione della Prof. C. e nella letteratura prodotta in atti dal difensore della ricorrente, entrambe citate in narrativa e che qui si intendono integralmente richiamate. Va, di conseguenza, affermato il diritto della ricorrente alla pensione privilegiata di riversibilità, nella misura massima prevista dalla legge, per il decesso del coniuge determinato da concausa, efficiente e determinante, di servizio." Una Sentenza che costituirà certamente un autorevolissimo precedente giurisprudenziale ed un punto di riferimento per casi simili che, purtroppo, si verificano sempre più spesso nella vita di oggi. (Si ringrazia l'avv. Massimo Cassiano - Staff LaPrevidenza.it)
(Corte dei Conti , sez. Lazio, sentenza 20 luglio 2004 n° 2112 )
(Corte dei Conti , sez. Lazio, sentenza 20 luglio 2004 n° 2112 )
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