di Marina Crisafi - Non può applicarsi l'Iva alla tariffa di igiene ambientale. Così le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiuso l'annosa questione dell'imposta sul valore aggiunto sulla Tia dichiarandone l'illegittimità con la sentenza n. 5078/2016 depositata ieri (qui sotto allegata).
Rafforzando un principio già da tempo consolidato nella sezione tributaria, gli Ermellini hanno respinto, nel caso di specie, il ricorso della società Veritas Spa avverso la sentenza che disponeva il rimborso a un cittadino della somma di euro 67,36 per l'Iva applicata alla Tia.
In sostanza, si legge in sentenza, che la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (cfr. art. 49, d.lgs. n. 22/1997), non può essere assoggettata ad Iva in quanto ha natura tributaria, mentre l'imposta sul valore aggiunto mira a colpire la capacità contributiva che si manifesta quando si acquisiscono beni o servizi versando un corrispettivo, in linea con la previsione ex art. 3 d.p.r. n. 633/1972, non quando si paga un'imposta, anche se destinata a finanziare un servizio da cui trae benefici lo stesso contribuente.
In altre parole, la Tia è una tassa e dunque non si applica l'Iva, che la Veritas dovrà restituire ai cittadini. Ma la sentenza obbliga, di fatto, tutti i gestori dei servizi ambientali a restituire le somme sottratte ai clienti.
Secondo un recente calcolo, spiega la Cgia di Mestre in un comunicato stampa, il Fisco dovrà rimborsare circa un miliardo di euro a milioni di famiglie che hanno pagato l'Iva sulla Tia a partire dalla sua istituzione nel 1999.
Si parla di cifre modeste prese singolarmente (il rimborso della sentenza è ad esempio di poco più di 67 euro) ma che messe insieme formano una cifra enorme che riguarda tutti gli italiani che hanno pagato il servizio di igiene urbana attraverso la Tia, prosegue l'associazione degli artigiani. Fatta eccezione per le imprese che invece hanno potuto detrarla in questi anni e che quindi dovrebbero essere escluse dai rimborsi.
Rimborsi che dovrebbero avvenire anche automaticamente, evitando contenziosi, restituendo, magari, direttamente, le somme indebitamente pagate nelle bollette.
Rimane, comunque, chiosa la Cgia il nodo degli interessi. "Andrà capito - infatti - conclude il comunicato - chi dovrà restituire gli interessi maturati su questi prelievi operati dai gestori del servizio di igiene urbana e che i cittadini italiani sono stati costretti a pagare".
Cassazione, sentenza n. 5078/2016