Il Cdm ha licenziato il 3/3/2016 un decreto legislativo di attuazione delle direttive UE 23,24 e 25 del 2014 , circa i contratti di concessione, pubblici appalti anche nei settori speciali ed in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
- I principi del nuovo codice degli appalti
- Direttive europee
- La legge delega n. 11/2016
- Il divieto di gold plating
I principi del nuovo codice degli appalti
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I principi comuni che sovrintendono a tutti i tipi summenzionati sono quelli di : trasparenza, efficacia, economicità, concorrenzialità, correttezza, tempestività, applicabilità della legge generale sul provvedimento amministrativo (L. 241/90), divieto di discriminazione tra le imprese, applicabilità dei contratti collettivi al personale , fasi procedurali, controlli sugli affidamenti , criteri di sostenibilità energetica ed ambientale, figura del RUP.
I contratti pubblici circa lavori, servizi e forniture risultano essere una leva molto importante della politica economico/sociale di di uno Stato, ma come rovescio della medaglia sono permeate da pratiche corruttive ed infiltranti di non facile sottovalutazione, pertanto bisognerà aver riguardo a queste criticità coniugandole con, principio della tutela della concorrenza, in ambito non solo nazionale ma anche europeo, flessibilità e semplificazione burocratica.
La norma regolatrice sino ad ora è risultata essere il d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) e dal d.P.R. n. 207/2010 (regolamento di attuazione), oltre numerosi altri atti normativi sparsi e spesso poco coordinati, si rifletta sulla circostanza che pensi che il vigente codice è stato novellato già da 52 atti normativi nazionali e da sei regolamenti comunitari e solamente 3 volte si è potuto riscontrare l'esistenza dei decreti attuativi (emanabili nell'arco del primo biennio).
Tale coacervo di norme plurimodificate ha determinato numerosi interventi del G.A. e dell' ANAC, si pensi che la sola adunanza plenaria ha adottato 48 decisioni in funzione nomofilattica dal 2010 ad oggi.
Direttive europee
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Le tre nuove direttive comunitarie (23, 24 e 25 del 2014) sugli appalti pubblici facenti parte della strategia Europa 2020 si sono poste obiettivi di tutto rispetto :
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aumentare l'efficienza nell ‘uso dei fondi pubblici
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creare una dimensione europea del mercato dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture;
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strategico degli appalti per effettuare politiche economico/ sociali
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lotta alla corruzione
Le tre nuove direttive perseguono gli obiettivi fissati attraverso importanti novità di seguito semplificate :
- per la prima volta, si affrontano in modo organico le concessioni di beni e servizi;
- si introducono moduli di aggiudicazione piu' innovativi e flessibili;
- sono previsti strumenti elettronici per negoziazione e aggiudicazione e l' utilizzo massiccio di forme di comunicazione elettronica;
- si tende alla centralizzazione della committenza;
- si prevedono criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell'affidamento e nell'esecuzione dei contratti;
- è prevista la tutela massima dei subappaltatori ;
- si introduce il documento unico europeo di gara; - si affronta in modo organico la risoluzione dei conflitti di interesse; - è prevista la possibilità di risolvere l'appalto, anche dopo un lasso apprezzabile di tempo per gravi violazioni.
La legge delega n. 11/2016
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Un'opera di totale codificazione è prevista nella legge delega n. 11 del 2016 che recepisce le direttive ed effettua un intero riordino della materia, con semplificazioni delle procedure nel rispetto della trasparenza, prevenzione della corruzione e della infiltrazione della criminalità organizzata, tutela ambientale e sociale. E' una delega lunga e e puntuale, contiene 71 principi, rispetto ai 4 della delega "madre" del codice vigente, essa impone una drastica riduzione delle norme contenute nel codice ed abbandona il modello del regolamento attuativo prediligendo strumenti di "soft law" nella forma di linee guida (atti attuativi) emanate dall' ANAC e dal MIT .
Il divieto di gold plating
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Tra i 71 principi di delega spicca per rilevanza e chiara matrice comunitaria il divieto di gold plating, ossia di introduzione di oneri burocratici non essenziali, principio sacrificabile unicamente in ossequio alla tutela di valori di rango superiore e di rilievo costituzionale Regole piu' stringenti, rispetto a quanto già imposto dalle norme comunitarie a presidio e tutela di valori insopprimibili di trasparenza e concorrenza, sono già contenute nella L.D. quali ad esempio non esaustivo . la centralizzazione obbligatoria della committenza, la qualificazione obbligatoria delle stazioni appaltanti, la istituzione di un albo dei commissari di gara, la separazione tra progettazione e esecuzione, i criteri reputazionali per gli operatori economici, il conto corrente dedicato, massimo rigore procedurale per gli appalti della protezione civile e per le concessioni autostradali, il dibattito pubblico sulle grandi opere. Il codice "snello" (solo per la consistente riduzione degli articoli), si irrobustisce in seconda battuta, poiché sarà seguito da una serie di atti attuativi, in numero di 50 , i quali proprio per tale elevato numero dovranno giocoforza risultare chiari, tempestivi e soprattutto coordinati tra loro e rispetto al Codice, altrimenti interpretazione ed applicazione dell' intero "pacchetto" risulterà di estrema complessità. Ovviamente anche gli atti attuativi dovranno sottostare alla regola del gold plating, ed una volta emanati, dovranno essere collazionati in appositi testi unici, dal MIT e dall' ANAC, la quale viene nominata nello schema di decreto per ben 86 volte esce rafforzatissima nel suo ruolo istituzionale e gestirà numerose banche-dati. Le stazioni appaltanti avranno una piu' ampia discrezionalità, l'art. 37 dello schema prevede che possano procedere direttamente ed in modo autonomo all'acquisto di forniture e servizi per importi inferiori alla sogli di 40.000,00 euro e di lavori fino a 150.000,00 euro, ma dovranno utilizzare strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza, dovranno necessariamente ridursi (attualmente sono circa 32.000) ed essere ben organizzate e qualificate, anche per fronteggiare l'aumento esponenziale degli appalti sotto soglia, derivante dalla previsione codicistica della divisione in lotti . Un'ultima considerazione potrebbe risultare utile cambiare il "nome" dell'emanando decreto , così come suggerito dal C.d.S. nel parere n. 00855/2016 , tarandolo meglio rispetto ai contenuti dello stesso , rubricandolo semplicemente "codice dei contratti pubblici", quello attuale "codice degli appalti pubblici e delle concessioni" presenta delle incongruenze, "prima facie" la qualità di " pubblico" pare venga riferita ai soli appalti , inoltre non sono in loco regolati unicamente appalti e concessioni ma anche altri tipi di contratti , come per es. le " locazioni passive" che seppur menzionati tra i contratti esclusi mantengono un nucleo " di principi" che li disciplina , principi che sarebbe auspicabile poter applicare anche ai contratti c.d. "attivi" della PA in una prospettiva "de jure condendo".
Per chiarezza espositiva poi, sarebbe opportuno munire il Codice di tabelle di corrispondenza dei propri dettati normativi con quelle delle direttive europee e dell'attuale codice.
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