di Paolo M. Storani - Trattai del caso Cucchi l'11 giugno 2013: il consueto muro di gomma di un Paese mitridatizzato all'orrore, refrattario alle assunzioni di responsabilità.
Un'Italia sempre alle prese con qualche notte scura, le notti della Repubblica parafrasando l'apprezzato programma televisivo di Sergio Zavoli; un'Italia che sembra un laboratorio dei misteri, un Paese che non riesce assolutamente a fare i conti con gli aspetti orribili del proprio passato, in cui tuttora opera l'ennesima Commissione d'inchiesta sul rapimento e la tragica fine di Aldo Moro, snodo cruciale per la nostra storia grondante sangue.
Già c'era stata Piazza Fontana, pochi passi dal Duomo, con i suoi mille depistaggi.
Un'Italia in cui non si sa ancora bene chi e perché il 27 giugno 1980 ha tirato giù l'aereo dell'Itavia ad Ustica e sta uscendo un film di Renzo Martinelli in proposito accompagnato da uno stupendo libro fotografico edito da Gremese.
Solo 36 anni da Ustica, 38 dal commando che spezzò la vita degli uomini della scorta della Fiat 130 di Aldo Moro e dell'Alfetta bianca che la accompagnava.
Chi erano realmente le Brigate Rosse?
L'Italia è forse un paese sudamericano?
O forse è un insulto accostare all'Italia quel meraviglioso continente che spesso ha invece saputo guardarsi indietro e regolare, come si deve per guardare con fiducia al futuro, i conti con il passato?
Un Paese spaccato a metà tra chi invoca la verità e chi sistematicamente la occulta.
L'Italia opaca finanche sulla morte del cantautore profetico Rino Gaetano: a distanza di tanti anni dal 2 giugno 1981 non si sa bene come sia morto.
Come sia accaduto che a intervenire fosse un'ambulanza con dei pompieri.
Un incidente stradale inverosimile, tanti rifiuti opposti dai vari ospedali romani.
In Italia anche un bravo cantante dà fastidio al sistema?
L'Italia che fa fatica a scegliere chi glorificare tra l'eroe civile Giorgio Ambrosoli e chi lo ha dapprima ostacolato in tutti i modi e poi fatto ammazzare.
Una nazione che deve ancora stabilire se stare dalla parte del grande servitore dello Stato Nino Di Matteo o della Mafia.
Stiamo dalla parte dei pestaggi del G8 a Genova o delle vittime della brutalità di Stato?
In questo quadro a tinte fosche quanto ci è familiare e gradito il volto di una giovane donna che si sta battendo da anni con una forza incredibile per tenere viva l'attenzione su un tema di importanza fondamentale per uno Stato che vuol definirsi democratico.
Si batte ora anche per Giulio Regeni, per Giuseppe Uva, per Riccardo Magherini, per Federico Aldrovandi.
Un volto che sembra la declinazione al femminile di quello del fratello Stefano Cucchi.
Sì, cara Ilaria, io sottoscrivo di slancio e convintamente la petizione che hai lanciato sulla piattaforma Change.org!
Si rivolge al Ministro della Giustizia Orlando, al Primo Ministro Renzi e al Parlamento.
Quello che segue è il testo dell'appello lanciato in rete da Ilaria Cucchi.
Se lo condividere, firmatelo.
Eccolo!
"Mi chiamo Ilaria, ho 42 anni e 2 figli. Mio malgrado, sono molte le persone che mi conoscono in questo Paese. Sanno - perché da sette anni ormai non mi stanco di ripeterlo - che sono in ottima forma fisica e che sono viva. Al contrario di mio fratello, che pesava quanto me ma che vivo non è più. Mio fratello Stefano, quello "famoso". Perché morto tra sofferenze disumane quando era nelle mani dello Stato e, soprattutto, per mano dello Stato.
Nell'ottobre del 2009 non mi hanno pestato, non mi hanno rotto a calci la schiena, non ho avuto per questo bisogno di cure mediche. Non mi hanno torturato. Sono viva. Sono viva e combatto con una giustizia che ha dimenticato i diritti umani.
E per non smettere di credere. Ecco perché chiedo che Parlamento e Governo approvino finalmente, ed entro quest'anno, il reato di tortura in Italia. Stiamo chiedendo all'Egitto verità per Giulio Regeni. Dobbiamo farlo. Ma ricordiamoci che lo facciamo dall'alto del fatto di essere l'unico Paese d'Europa a non avere una legge contro le brutalità di Stato. La Corte di Strasburgo ha già condannato l'Italia per gli orrori del G8 di Genova nel 2001. E ci ha imposto l'introduzione nel nostro codice penale del reato di tortura. Che aspettiamo?
Voglio che si riaccendano le luci non solo su questioni che riguardano la memoria di Stefano, ma che hanno a che fare con tutti noi. Penso a Giulio Regeni, Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi, Riccardo Magherini. Tutte queste storie, tutte le persone dietro a queste storie ci testimoniano, con la loro morte che è una morte di Stato, che uno Stato di diritto senza diritto è una banda di predoni.
Per Stefano, per Giuseppe, per Marcello, per Giulio, per Riccardo e per tutti gli altri: approviamo il reato di tortura in Italia entro il 2016!
Ilaria"